IDA TRAVI : ESTRATTI DALLE RECENSIONI AI LIBRI
(l'elenco è incompleto)
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Ida Travi
IL MIO NOME E’ INNA
Moretti&Vitali 2012
in libreria dal 1° settembre 2012
postfazione di Alessandra Pigliaru
pp. 189
… Sì, negli anni, attraverso queste figure, mi sono costruita una personale mitologia contemporanea... Qui, in particolare, riprendo temi e figure già presenti nella precedente raccolta TA’ poesia dello spiraglio e della neve.
( Ida Travi)
rif. Tà poesia dello spiraglio e della neve Moretti&Vitali Editori
Selezione Premio Viareggio 2011
Estratto dalla recensione di Marco Furia per Le voci della Luna - Bologna
marzo 2013
"...sono versi capaci di richiamare una forma di conoscenza che ignora ogni grammatica e che, come ben si vede dalla seguente pronuncia, non sembra fare molto affidamento all'umano linguaggio
"Le foglie ci parlano, ci tengono un discorso
ancora non si fidano della nostra andatura"
IL MIO NOME E’ INNA
Moretti&Vitali 2012
in libreria dal 1° settembre 2012
postfazione di Alessandra Pigliaru
pp. 189
per ordini:
segreteria@morettievitali.it
… Sì, negli anni, attraverso queste figure, mi sono costruita una personale mitologia contemporanea... Qui, in particolare, riprendo temi e figure già presenti nella precedente raccolta TA’ poesia dello spiraglio e della neve.
( Ida Travi)
rif. Tà poesia dello spiraglio e della neve Moretti&Vitali Editori
Selezione Premio Viareggio 2011
Estratto dalla recensione di Marco Furia per Le voci della Luna - Bologna
marzo 2013
"...sono versi capaci di richiamare una forma di conoscenza che ignora ogni grammatica e che, come ben si vede dalla seguente pronuncia, non sembra fare molto affidamento all'umano linguaggio
"Le foglie ci parlano, ci tengono un discorso
ancora non si fidano della nostra andatura"
Estratto dalla nota di Azzurra
D’Agostino in http://www.castellodivillaltapoesia.com
…Da mesi cerco di comprendere e analizzare cosa mi colpisce a tal punto, ma non credo si tratti qui di analizzare e comprendere. Il fatto è che “Il mio nome è Inna” è un libro piuttosto sorprendente. Innanzi tutto, questo creare esplicitamente una comunità, un’epica, attraverso dei veri e propri personaggi che hanno le caratteristiche del mito, che hanno questa dimensione sovratemporale e inattuale, è qualcosa che non mi pare così frequente e soprattutto non con risultati a mio avviso tanto riusciti. Poi, di sorprendente c’è la lingua, che procede a tratti come per balzi, per strappi; più che altro una cosa visiva, sensoriale, in versi come: “il bambino crescerà / lontano dalla ruggine”. Sembra che Ida Travi ascolti un tempo altro, proprio ficcata dentro questo tempo, e amplifichi un sentire che è tutta una saggezza fatta non dell’intelligenza richiesta oggi, ma più profonda, più antica…
per nota intera clicca qui:
http://www.castellodivillaltapoesia.com/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-scene-dal-casolare-rosso/
…Da mesi cerco di comprendere e analizzare cosa mi colpisce a tal punto, ma non credo si tratti qui di analizzare e comprendere. Il fatto è che “Il mio nome è Inna” è un libro piuttosto sorprendente. Innanzi tutto, questo creare esplicitamente una comunità, un’epica, attraverso dei veri e propri personaggi che hanno le caratteristiche del mito, che hanno questa dimensione sovratemporale e inattuale, è qualcosa che non mi pare così frequente e soprattutto non con risultati a mio avviso tanto riusciti. Poi, di sorprendente c’è la lingua, che procede a tratti come per balzi, per strappi; più che altro una cosa visiva, sensoriale, in versi come: “il bambino crescerà / lontano dalla ruggine”. Sembra che Ida Travi ascolti un tempo altro, proprio ficcata dentro questo tempo, e amplifichi un sentire che è tutta una saggezza fatta non dell’intelligenza richiesta oggi, ma più profonda, più antica…
per nota intera clicca qui:
http://www.castellodivillaltapoesia.com/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-scene-dal-casolare-rosso/
estratto dalla nota di CHIARA ZAMBONI Il manifesto 15/12/2012
Qual è il modo giusto per vivere il
nostro tempo, il tempo presente che ci avvolge, rispetto al quale molti
rimangono indifferenti e ciò costituisce non la loro ma la nostra vergogna?
Questa domanda è il filo orientante del testo poetico di Ida Travi, Il mio
nome è Inna. Scene dal casolare rosso (Moretti & Vitali 2012),
commentato con molta finezza da Alessandra Pigliaru nella postfazione. Questo
filo, certo, non è espresso esplicitamente ma è coglibile di pagina in pagina.
Ida Travi ci propone un esercizio di alterità all’interno del presente, non nel
senso di rifugiarsi in un altro mondo diverso dal nostro, piuttosto, rimanendo
in questo, mettendo in atto un esercizio di spoliazione.
http://poeticaepoetica.blogspot.it/2012/12/recensione-il-mio-nome-e-inna-della.html
Estratto dalla nota di Marina Corona in QUI LIBRI gennaio 2013
"Saggio, materno e nel contempo allucinato. L’ambiente che Inna ci racconta ha un’atmosfera inquietante, Inna vi si muove con una consapevolezza allarmata e sagace. Parla di una tradizione, di una qualche antica sapienza del bene che non si deve abbandonare...(...)
E di amuleto in amuleto, di speranza in speranza si aprono le immagini finali del libro che sembrano trarre proprio dall’abbacinata modernità la loro realtà aurorale. Come se i personaggi si tenessero per mano in una fila di cui Inna è la figura trainante e così raggiungessero quella sorgente luminosa che lei aveva intravisto anche nello schermo del computer."
....nel bottoncino rosso del vestitino nero
se cerchi bene, troverai la lampada
http://poeticaepoetica.blogspot.it/2013/02/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-qui-libri.html
http://poeticaepoetica.blogspot.it/2013/02/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-qui-libri.html
estratto dalla NOTA DI TIZIANO
SALARI
Il mio nome è Inna. Scene dal casolare rosso. Questo il
titolo dell’ultimo lavoro poetico di Ida Travi. Indubbiamente si tratta di un
casolare fantastico “in mezzo ad un campo grigio”. Già il rosso del casolare –
“un punto rosso” che spicca nel “grigio”, dove arriva Inna passando “attraverso
il campo innevato” e incontra altri tre che la stanno aspettando – è un segnale
di vivacità, un contrasto. Sembra che IdaTravi abbia in mente una situazione
primordiale in cui “c’è elettricità, ma si usano le candele”, dove “il telefono
non funziona più”, dove “si parla, scrivere è un castigo...
...E che Ida Travi abbia colto dall’eterogeneo della sua esperienza
passata, trasfigurandole nelle Scene dal casolare rosso, la sua
riappropriazione del Sacro, lo si deve all’uso del linguaggio che, come scrive
sempre Maria Zambrano, “nel linguaggio sacro la parola è azione. Le parole si
uniscono in forme che aprono uno spazio prima inaccessibile”. E tale è lo
spazio invernale, nella sua astrazione fantastica, in cui si muove Inna insieme
a Zet, Nikka, Sasa e Ur.".
*
estratto dalla NOTA DI ROSA PIERNO
a Il mio nome è Inna in Trasversale.it
"....... Si salta la frattura solo
con gli occhi chiusi, solo dimenticando ciò che si sa e persino le profezie di
cui il testo è disseminato. A tutto togliendo credito, a ogni cosa credendo.
Eppure, si direbbe che la natura qui abbia ruolo autonomo rispetto agli
oggetti: “Tu metti il fiore nell’acqua / e il fiore si riprende / Il fiore non
sa quel che fa / ma quel che fa è meglio”. È la natura che garantisce la
continuità: “Il sole sorgerà un’altra volta, te lo giuro / cresceranno le
mele rosse”. "
(estratto dalla nota di Rosa
Pierno)
http://rosapierno.blogspot.it/2012/10/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-moretti.html
http://rosapierno.blogspot.it/2012/10/ida-travi-il-mio-nome-e-inna-moretti.html
*
dalla NOTA DI FIORANGELA ONEROSO
in anteremedizioni.it
"...Un parlare apparentemente
tipico del senso comune (nel modo in cui lo intende Roland Barthes),
ma lontanissimo dal senso comune. ...Una parola che, alla luce di questo
suo presunto senso, il mondo lo nomina e lo denomina. Eppure non si
sa se nel denominarlo, lo si conosca poi veramente. Infatti, Inna sostiene che
non bisogna desistere dall’impegno di rinominare il mondo in modo altro: “Che
vuol dire mondo?”; “Hai memoria di questo mondo? / Sai come si chiama questo
mondo? / Tutti lo chiamano mondo, ma qual’é / il suo vero nome?”; “Giuro che
questo mondo esiste, Zet”. La reiterata denominazione mette in crisi la stessa
denominazione, per questo occorre fermarsi e riflettere. E riflettere significa
anche evocare l’universale poesia: “Con la testa appoggiata al sasso / sotto la
torre solitaria e grigia / Inna invoca l’antico melograno”.
*
dalla NOTA DI STEFANO RAIMONDI-
per PULP LIBRI n°100
"A fare da collante in questo teatro
dell'esistere è Ia lingua, è Ia parola ridotta a linguaggio a
segno a soglia d'oltrepassarnento, situata al centro di
un'oralità che serve per "dire"
l'effetto che produce il suono
sul significato, il senso nella vita. Sono parole/frasi che hanno il sapore
oracolare delle invocazioni, la
comrnozione delle preghiere, Ia forza di
chi si ritira nel
silenzio di una scelta. Tutto si
espone in un battesirno di luce e da
questa via la poesia s'incarna, senza inganno, in
un reale che si fa carne per adempimento e realtà'.
<<Ho poche parole e m'arrangio
con quelle/non voglio far torto a nessuno
'non voglio incantare nessuno/Volevo
solo imparare dalla rondine>>."
http://poeticaepoetica.blogspot.it/search?updated-min=2012-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2013-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=31
http://poeticaepoetica.blogspot.it/search?updated-min=2012-01-01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2013-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=31
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RECENSIONI
a TA’ Poesia dello spiraglio e della neve
*
Estratto dalla recensione di Roberta Bertozzi in ‘Poesia’ Crocetti
(dicembre 2011)
“…E se, come ha scritto Jean-Luc Nancy, l’ontologia è
una fonologia, l’impressione è che la poesia di Ida Travi sia proprio tesa a
verificare questo assunto; tesa a considerare l’espressione acustica non tanto
in quanto medium o come articolazione di un discorso, quanto come rivelazione
del nostro essere, di quel primo, e definitivo, stampo di noi che solo la
parola a viva voce sa realizzare”.
* estratto dalla presentazione
per Salotto Caracci settembre 2011 e pubblicaz. in L'Immaginazione Manni Editore di Vincenzo Vitiello
"...Difficile entrare nel cosmo poetico di Ida
Travi, che, aperto a tutte le voci del mondo, tutte le accoglie
trasvalutandole. Non è l’operazione comune all’uomo come all’animale, come alla
pianta, l’operazione che è propria della vita, che cresce su se stessa
nutrendosi dell’altro da sé; neppure è l’operazione che l’ermeneutica
contemporanea ha teorizzato come ‘fusione di orizzonti’, che si attua nel
dialogo tra uomini, appartengano essi alla stessa età o non, alla medesima
storia e civiltà o non. È qualcosa di profondamente diverso, ché Ida non
assimila l’estraneo a sé, all’opposto, tenta di farsi estranea con l’estraneo,
e così lo trasvaluta, lo rende altro da quel che era, rendendo se stessa altra
da sé.
Perciò
quando dialoghi con lei, hai la sensazione che ti penetra nell’anima, e quel
che hai detto, te lo restituisce cambiato, diverso, non dico più profondo,
certo più intimo. Dopo che hai parlato con lei, ti senti legato alla tua
parola: ecco son io, quel che ho detto son io. Sono la mia parola. E invece è
il dono che lei ha fatto a te. La tua parola te la restituisce ‘più’
tua. In Tà – libro non difficile, difficilissimo –
l’operazione è più complessa. Hai immediatamente l’impressione che Ida non
abiti più il tuo mondo, il mondo di tutti e di ciascuno. In certo modo questo
mondo – il comune, quotidiano mondo in cui ci muoviamo, pensiamo, viviamo – non
c’è, non c’è più, posto che mai ci sia stato…”
*
estratto dalla nota di Franca
Rovigatti Il Manifesto 6 maggio 2011
"...Ogni cosa in effetti luccica in questi
versi, ma per spostamenti minimi, per gioie e dolori senza clamori, perché
tutto è piccolo e grande allo stesso tempo, caduco e immortale. E lo stesso
tempo ha sempre due volti, due vie, appunto: l'alto e il basso, la luce e la
tenebra, la parola e il silenzio, e ciò perché, come scrive la stessa Travi ne
L'aspetto orale della poesia,(1) "la lingua materna [...] lascia andare
sia il trionfo che l'orrore. (...)"
per continuarea leggere gli estratti dalle recensioni
clicca qui
*
estratto dalla scheda di Roberto Caracci (settembre 2011)
"---Non siamo semplicemente nella scrittura e non
siamo semplicemente agli albori del linguaggio -non potremmo più esserlo-,
quando la relazione neo-natale e neo-materna io/tu identificava la
comunicazione con la percezione e la risposta al miracolo della pura voce
materna. Siamo nella poesia che si volge alla propria origine, che lascia
filtrare in sé il suono primordiale del mondo, delle cose, del corpo sonoro
della madre...
....E' la tensione fra il dentro e il fuori, con la
relativa pro-tensione del dentro verso il fuori e del fuori verso il dentro:
brecce, fessure, tagli, spiragli nel muro, nelle porte, nelle finestre da una
parte, in cui la nostalgia dell'infinito e dell'indefinito si riversa come
nelle sforbiciate di Fontana...."
scheda video
*
estratto dalla nota di Fiorangela
Oneroso* (settembre 2011)
"...Si vive in un continuo stato di stupore a
rischio di frantumazione. Infatti, per Ida Travi, la vita è perennemente
sottoposta al dominio del “Tà”, il suono onomatopeico che scandisce il passare
del tempo, l’inizio e la fine: il taglio di un ramo, la prima sillaba di una
parola, la sillaba ultima . Tà, fonema ambivalente. Creativo e distruttivo. Tà,
come il bello e il buono, ma anche come il triste e il crudele. Come il
sereno e il tranquillo ma anche come il turbolento e l’inquietante. (...)
"
* estratto dalla nota di Luigi
Bosco Ricominciare da TÀ. Per una nuova mitologia contemporanea (
luglio 2011)
"...E a me pare che, con questa raccolta, Ida
Travi tenti di fare proprio questo: assumersi la responsabilità di offrire al
mondo la possibilità di una nuova realtà, con tutti i rischi che ciò comporta.
Lo fa proponendo ciò che a me piace definire una nuova mitologia contemporanea
che «narra ciò che in realtà non è, o non accade una volta per tutte, ma si fa,
fuggevolmente diventa. (...) "
da http://www.poesia2punto0.com/2011/07/29/ricominciare-da-ta-per-una-nuova-mitologia-contemporanea/
*di Stefano Guglielmin ( giugno 2011) in blank de ta nuque
"...In nessun altra poesia come in quella
di Ida Travi ogni cosa (gesto, paesaggio, oggetto) tiene il mondo nella sua
quadratura di cielo, terra, divini e mortali, lo si sente agire in essa, in una
tensione com-movente. I quattro, infatti, si muovono insieme verso di noi, che
siamo della stessa sostanza, ci scuotono intimamente, affinché ci si ponga in
ascolto vigile della "briciola smagliante" che ogni cosa è nel grembo
del mondo.(...) "
*di Alessandra Pigliaru ( marzo 2011) in la dimora del tempo sospeso
"... La cesura di Tà. Poesia dello spiraglio e
della neve (Moretti&amp;amp;amp;amp;Vitali 2011) sta soprattutto nei
luoghi inesplorati dove la poeta porta con sé simboli e cifre che la
contraddistinguono cercando nuove tracce, nuove foglie che sanno sollevarsi
fieramente, come un preghiera : Inna, mostrami il piede sicuro || C’è un fiore
| sotto il piede sicuro || getta la croce|| la zolla è calda | l’erba cresce
come una santa." (...)
*di Marina Corona (aprile
2011)
"....Che cosa in “Tà” lega la voce narrante
ai suoi compagni? Certo la comune inquietudine per qualsiasi coordinata
spazio-temporale che li contenga, certo il comune senso di un’attesa incombente
dell’avverarsi di un nuovo evento, tale da metter fine all’angoscia, ma che non
si avvera mai, certo l’insidioso disagio per uno stare impossibile in questo
‘non luogo’ (...)
*estratto dalla nota di Rosa
Pierno (aprile 2011) in Trasversale.it
"...Storie scompaginate, brandelli di storie, o
meglio, nuclei da cui può partire un intero racconto, una saga. L’innocenza del
racconto, riposando su un suolo infido. Saranno ancora quegli stessi simboli a
mostrare la doppia faccia di ogni medaglia, l’altro aspetto delle cose,
quello raccapricciante: che slega e fora. Inutilmente si farà riferimento al
sonno come elemento riparatore, che solleva da tale stressante realtà. Non sarà
che il sonno procura gli stessi deliri presenti nel
linguaggio?" (...)
*
estratto dalla nota di Luce
Tondi (giugno 2011) in poeticaepoetica.blogspot.com
"...Il
contrasto sta tutto in una forma di espressione che definirei appunto
obiettiva, aderente alla vita concreta delle persone, e nello stesso tempo
profondamente rarefatta nella sua tragica astrazione, con quegli interrogativi
tutti senza risposta, per cui l’unica possibilità è resistere, farsi forza.
Anche se il dramma è perentorio “sei troppo vicina alla morte/ sei a
rischio” alla fine “torneremo a casa? / Sì / torneremo a casa” (...)
RECENSIONI a LA CORSA DEI FUOCHI
estratto dalla nota
di Tomaso Kemeny per Poesia 2007 (n.p)
“Questo misterioso libro di versi va contestualizzato
nell’ambito del lavoro teorico della poetessa (L’aspetto orale della poesia, 2000),nonché nell’ambito del suo
lavoro compositivo (si vedano testi poetici scritti per la musica e messi in
scena Il solitario e Il canto del moribondo e del neonato,
rispettivamente del 2001 e del 2003). Libro misterioso in quanto pare essere il
doppio di un testo non scritto, muto in quanto registrato nello “azzurro”
onirico,ma velato al risveglio da quel silenzio che impone la scrittura, o se
vogliamo, ispira alla traduzione della scrittura onirica nella lettera della
lingua madre. (…)
*
La lacrima che cade sul vetro come un sasso parte
forse da lì, così come il sollievo di esserci salvati dall’inutilità
dell’oblio. Poiché si scrive, si scrive ancora la Voce di Cassandra. Non siamo
più soli. Il poeta parla a chi sa e a chi non sa tace. Quindi quando parla,
quando canta, non è solo, se c’è qualcuno che sa. E quando scrive non è solo,
poiché invasato dalle Voci che l’hanno preceduto, un’unica Voce. I fuochi
corrono da un punto all’altro del tempo. Sono la Voce che viene passata di
veggente in veggente, di poeta in poeta.
*
estratto dalla nota di Roberto Bertoni per
carteallineate.it 2007
La CORSA DEI
FUOCHI si apre con un'epigrafe tratta da Artaud: "Si tratta di dare alle
parole, più o meno, l'importanza che hanno nei sogni". L'autrice precisa
che sono "poesie scritte nella nostalgia d'un canto, forse d'un canto
mancato". Sono, a riscontro di chi compila queste note, poesie sospese su
immagini ancestrali di aridità e vitalità, in passaggi di tempo, spirito,
stagioni, figure emerse dal buio e nella luce.
*
estratto dalla nota di Alberto Cappi per La
Voce di Mantova agosto 2007
Siamo accanto a una poesia che ascolta il proprio farsi, che
abita la propria coscienza. Si ascolta nel flusso del tempo,si ascolta nel teatro del sogno,
si ascolta nel film della visione.
Perché questo?
Ovviamente perché ci sia scrittura. Ma
anche perché tra le parole ci sia quella che rivela. Apre le scene
all’infanzia, chiama il cielo della
fantasia, visita la voce perché doni lettere vicine alla verità. “Poesie per la
musica” è il sottotitolo. E quale musica? Forse quella dell’incontro tra musicalità della sillaba, andatura del verso
e il loro innnalzarsi verso una corale
composizione.
E’ il manifestarsi del trasformante del testo. La visibilità del
segreto del poeta. La sua aria tra le arti: “Noi facciamo una piccola famiglia,
solo respirando, solo versando un po’ d’acqua dalla mano.”
*
estratto dalla nota di
Luca Benassi in Noi Donne maggio 2007
Ida Travi ci fa immergere negli elementi primi:
l’acqua, il cielo, le nuvole che corrono veloci, gli alberi e i canneti, il
fiume, il ruscello e il mare. L’uomo appare quasi nascosto, con le sue campane
e il vociare dei bambini che appena incidono i silenzi della campagna. È una
corsa verso la verità e l’origine dell’esistenza, dove vivi e morti si parlano
attraverso segni e gesti silenziosi, attraverso porte e finestre spalancate
all’azzurro del cielo. La lingua è netta, semplice, lavora sul ritmo e sulle
anafore, si fa fruscio, suono, esalta la pausa ed il respiro, esplora i terreni
sonori dell’inconscio che precedono il linguaggio.
*
estratto dalla nota di Giancarlo Calciolari
per Transfinito.it maggio 2007
Qualcosa comincia
nel libro di Ida Travi La corsa dei fuochi. Poesie per la musica (Moretti e
Vitali, 2007, pp. 117, € 18,00) con l’esergo di Antonin Artaud che dice che si
tratta di dare alle parole, più o meno, l’importanza che hanno nei sogni, e con
l’esergo di Simone Weil che indica come rimedio nell’attesa : trattare gli
uomini come uno spettacolo. E questo accade prima che Guy Debord faccia dello
spettacolo una società spettacolare da combattere.
E qual è
l’importanza che hanno le parole nei sogni se non quella di non essere soggette
alla padronanza di un “io” ? Ma non è solo la libertà della parola a essere
ripresa da Ida Travi nei due eserghi, è in gioco la sua originarietà.
*
estratto dalla nota di Marco Furia per
Gradiva Italian Literary sett. 2007
In “La corsa dei fuochi”, di
Ida Travi, un lessico dal ritmo battente, conciso, accosta, con sapienza, piccoli spazi, fisici o del pensiero,
tratti quasi colloquiali, ad immagini dalla notevole valenza tragica, colta,
spesso, nei suoi aspetti fisiologici: “Sono spezzate le ginocchia sulle quali
riposammo”.
Una tragicità che stupisce,
folgora, sempre trattenuta entro i perimetri di toni agili e pregnanti, accorti
nell’ evitare benché minime ridondanze: di compostezza, davvero, qui si tratta,
di quella, rara, in cui la misura risulta, nel contempo, garbo e dignità.
*
estratto dalla nota di Stefano Guglielmin
per L’indice dei Libri maggio 2007
Da sempre Ida Travi canta
solitudine ed esilio quali avamposti dell’umano, del terrestre sostare
tardomoderno fra le rovine dell’occidente, terra del tramonto. Un canto che, in
questo libro, prende l’avvio dai fuochi in festa per il ritorno dell’Agamennone
eschileo, un ritorno carico di sventura, come sappiamo, tanto da leggersi
emblematicamente come se la nascita della civiltà mediterranea fosse, da
subito, attraversata dalla morte, dalla caduta. Il recinto della polis,
infatti, pare raccontarci La corsa dei
fuochi, è slabbrato sin dall’inizio, e così l’unità, il centro, il senso
duraturo.
*
estratto dalla nota di Loredana Magazzeni
per Leggendaria maggio 2007
Nel primo dei saggi raccolti in “Spiagge straniere”,
J.M. Coetzee ripercorre, sulla scorta del discorso inaugurale di Eliot alla
Virgil Society di Londra, la nozione di classico. Classico appare non solo ciò
che dura nel tempo conservando bellezza e senso, ma anche ciò che sopravvive
alla sua epoca “in termini allegorici: come l’opera capace di dare un senso
all’epoca”.
In termini “allegorici”, ma di una allegoria che è
anche e soprattutto identificazione empatica, Ida Travi elegge a pietra di
paragone i classici in ciascuna delle sue opere, dalle prose poetiche de “L’aspetto orale della poesia”, all’atto
tragico “Diotima e la suonatrice di flauto”, al suo ultimo libro di poesia, “La
corsa dei fuochi. Poesie per la musica” che è soprattutto, per dirla con le sue
parole, un “libro di canti”, contenuti nel CD allegato e musicati da Andrea
Mannucci, per la voce di Patrizia Simone e della stessa Travi.
*
estratto dalla nota di Alessandra Milanese
per L’Arena febbraio 2007
Siamo
al “Forum” della Fnac. Travi è qui per presentare il suo ultimo libro di versi
“La corsa dei fuochi” (Moretti e Vitali). Un lavoro che va oltre i precedenti,
in quanto alla poesie scritte è stato aggiunto un CD nel quale i versi di Ida,
musicati dal maestro Andrea Mannucci, vengono interpretati dalla voce della
giovane Patrizia Simone.
“E’ la messa in pratica di una teoria che
avevo espresso nel mio saggio ‘L’aspetto orale della poesia’” spiega la
poetessa che, comunque, ritiene che nella lirica ci si già il sembiante del
canto.
Il concetto viene ribadito dall’introduzione
del giornalista e critico musicale Enrico De Angelis, che spiega come, per gli
antichi Greci, musica e poesia fossero una cosa sola. Basti pensare ad Alceo e
Archiloco per arrivare alla melodia di Saffo.
*
estratto dalla nota di
Giuseppina Rando per Leggere Donna
Al
lettore/ascoltatore, attento e sensibile, poesia e musica appaiono,
soprattutto, come una sorta di universo dove ogni verso, ogni nota assumono la
singolarità, la profondità dell’”essere poeta “, insieme a tutte le modulazioni
musicali del pensiero: il pensiero che s’intreccia alla poesia e si esprime in
canto.
“Pensiero poetante” ha definito Antonio
Prete quello di Giacomo Leopardi, “pensiero che canta “ si potrebbe chiamare la
poesia di Ida Travi dove “ i lampi del
giorno e lo scintillio delle stelle
hanno il rigore dei concetti…il meditare dell’essere ha l’abbagliante impeto delle
onde folgorate dal sole…il sapere ha un respiro e il vento che scuote gli
alberi ha la forza di un’ illuminazione interiore” (A. Prete ).
Si, perché è
là, “nel buio di un luogo interiore” – scrive la Travi nella nota introduttiva
– che “nasce la poesia “.
*
Estratto dalla nota di Simone
Azzoni per messain scena al Teatro Camploy 26 e 27 febbraio 2008 in L’arena
Operazione difficile il teatro poesia: è la spazializzazione della
parola lirica, la carnalità e la temporalità del presente dei versi. Più facile
se è il “femminile” a costruire le sponde entro le quali la narrazione si fonde
alla poesia; il femminile che rimbalza dalla platea al palco del Camploy per
sostenere LA CORSA DEI FUOCHI
scritto e diretto da Ida Travi. La sua poesia dell’ascolto, dell’oralità,
dell’evocazione si fa apertura ad altri linguaggi nelle coreografie di Giuliana
Urciuoli e nella voce di Daria Anfelli. E’ respiro ampio la loro unità costruita su una sottile,
impalpabile struttura che dice della fragilità dell’anima e delle sue
vibrazioni.
*
estratto
dalla nota di Tiziano Salari in L’Immaginazione 2007
Il titolo dell’ultimo libro di Ida Travi, La corsa dei fuochi, rimanda all’apertura dell’Orestea di Eschilo, quando la sentinella
che, stando sulla casa degli Atridi sdraiata sulle braccia alla maniera di un
cane, in attesa del segnale di una fiaccola che porti la notizia della
conquista di Troia, finalmente avvista nella notte il segnale di fuoco che
annuncia l’evento, allo stesso tempo lieto (la città di Troia è stata presa!)
per il ritorno di Agamennone, e inquietante, per il massacro che nella reggia
si sta preparando all’arrivo del re. Con questo inizio l’autrice sembra voler
ridestare in noi il senso del tragico, così come a lei si presentò, quando,
ancora bambina, accucciata come la guardia di Eschilo in un angolo della
propria casa, lesse l’Orestea, e si
chiese (riprendendo le parole della sentinella accovacciata) a chi comunicare
le sue senzazioni e a chi no. “…a chi sa io parlo volentieri, a chi non sa io
taccio”
*
estratto
da Corriere della seraonline a cura di Ottavio Rossani 25 febbraio 2007
Il titolo dell’ultimo libro di Ida Travi, La corsa dei fuochi, rimanda all’apertura dell’Orestea di Eschilo, quando la sentinella
che, stando sulla casa degli Atridi sdraiata sulle braccia alla maniera di un
cane, in attesa del segnale di una fiaccola che porti la notizia della
conquista di Troia, finalmente avvista nella notte il segnale di fuoco che
annuncia l’evento, allo stesso tempo lieto (la città di Troia è stata presa!)
per il ritorno di Agamennone, e inquietante, per il massacro che nella reggia
si sta preparando all’arrivo del re. Con questo inizio l’autrice sembra voler
ridestare in noi il senso del tragico, così come a lei si presentò, quando,
ancora bambina, accucciata come la guardia di Eschilo in un angolo della
propria casa, lesse l’Orestea, e si
chiese (riprendendo le parole della sentinella accovacciata) a chi comunicare
le sue senzazioni e a chi no. “…a chi sa io parlo volentieri, a chi non sa io
taccio”
RECENSIONI A NEO/ALCESTI
estratto
dalla nota di Ivana Cenci per presentazione Vicenza Libreria Feltrinelli (?)
Ho
desiderato fortemente vivere e dar modo ad altri di vivere questa esperienza,
che ritengo unica nel suo genere e che sento come un’occasione di viaggio: un
viaggio volto a incontrare la parte più profonda e remota di noi stessi,
sostenuti e guidati dalla lucida consapevolezza e dal procedere sicuro e sereno
di Ida Travi. Ida Travi è donna, poetessa, saggista e drammaturga, ha al suo
attivo un’ampia e originale esperienza con il teatro e sa coniugare un sapere
arcaico, legato al mondo della tragedia greca e della saggezza intuitiva più
remota, con la realtà e l’esperienza della vita quotidiana contemporanea,
rivolgendo un’attenzione particolare al mondo e al vissuto femminile, dando
voce a contesti, situazioni, emozioni e stati d’animo che difficilmente
troveremo espressi in scritture altre.
*
estratto dalla nota di Giuseppina Rando per
Leggere Donna settembre 2008
Consapevole che i miti originari danno senso alle
radici del reale e si pongono come forze che reggono il mondo, anche in
quest’opera, come in La corsa dei fuochi , Ida Travi trae spunto dai miti della
tragedia greca.
L’angoscia
esistenziale dell’uomo contemporaneo, in verità, rimanda, per diversi
aspetti, al mondo classico e alla lacerazione tra l’io e il mondo e, come
allora, così anche oggi, si determina quella fuga volontaria dalla realtà e si
crea una serie di immagini e di sogni che riportano alla “voce” della poesia
che vive nel tempo e con la quale gli uomini possono scoprire il loro Essere nel flusso della vita, nell’Alcesti
, appunto.
*
estratto
dalla nota di Stefano Guglielmin per Blanc de ta nuque.it
". Ogni cosa
si muove per minimi scarti nel silenzio imperituro, che ha nella
"casa" la sua allegoria, quella presenza metafisica capace
infinitamente di cantare la propria oscura consistenza e che respira ovunque, pervadendo la madia, il tavolo, la
foglia, l'agire e il patire degli esseri che vi dimorano o che la circondano.
Ogni elemento, così, si scioglie dal proprio destino solitario, disperato, per
acquietarsi in un presente carico di promesse, il cui lampeggiare è tenuto vivo
proprio dalla nuova Alcesti, intrusa
eppure regina dell'oikos, nominato
"LOCANDA DELLA FELICITÀ".
*
estratto dalla nota scritta da Stefano Guglielmin per Poesia
(n.p)
Sguardo attraversato
dallo stupore; voce provvidenziale per annunciare che si può vivere anche in
questo tempo della povertà, che si può anzi uscire da esso, a patto di pensare
la nascita e la morte quale ciclo pieno d'amore di un essere leggero, bello come
una vela, gonfia e diretta verso n orizzonte che ci abbraccia.
*
estratto dalla nota di Roberta Bertozzi per Poesia (n.p?)
Nella
sua Ars poetica Ezra Pound ha scritto
che “quando uno sente e pensa veramente balbetta le parole più semplici”.
Affermazione che credo ben adattarsi all’opera di Ida Travi, sia per quanto
concerne il dato espressivo della sua poesia, calibrata su una pronuncia tesa e
trasparente, vicina a quella solidità della nominazione che appartiene al primo
articolare parole, sia nei presupposti teorici che da sempre accompagnano la
sua ricerca (da ricordare, del 2007, la raccolta di saggi L’aspetto orale della poesia). Condizione di semplicità è l’attingere della sua scrittura da un fondo
archetipico, in senso strutturale e biologico, da uno strato linguistico
intimamente connesso al nostro immaginario e alle sue pulsioni. Al punto che,
pur muovendo da una narrazione tragica (qui la vicenda di Alcesti, sposa di
Admeto, che dopo essersi sacrificata per lui fa ritorno dal regno degli inferi),
ciò che vibra sulla scena del testo sono unicamente gli stati, oggettivi e
psichici, provocati dalla narrazione, che non coincidono neanche più con essa
quanto con l’impressione, proprio nell’accezione di marcatura, che ne abbiamo
ricevuta.
*
estratto dalla nota di Marco
Furia per Il Fiacre n°9
Con tocco intenso e conciso, elegante, mai ricercato,
sempre disponibile ad interrogarsi su ogni avvenimento, anche il più comune,
ben conscia di come grande, piccolo,
importante, trascurabile acquistino diverso significato nel contesto più ampio dell'integrità umana alla
quale la sua poesia si rivolge, Ida Travi offre un testo da meditare e da
leggere d'un fiato, da apprezzare nei raffinati particolari e nella dimensione
d'immenso affresco, una scrittura nello stesso tempo immediato gesto e
interminabile poema.
RECENSIONI A L’ASPETTO ORALE
DELLA POESIA E INTERVISTE
SULLA POETICA
* in QuiLibri gennaio 2012
(Librerie Feltrinelli)
estratto dall’intervista a cura di
Marina Corona dall'intervista
D. Come tutta la tua produzione ha un
aspetto che definirei enigmatico. Tu dici, nella quarta di copertina che Tà è
un luogo: “… forse una casa, forse un’ex fabbrica …” e che il suo nome dipende,
per analogia, da parole come: “… taglio, tavolo, tasca … carità …” queste
affermazioni rendono da sole ragione del clima enigmatico che circonda “Tà”.
Ora io ti pongo due domande, una generale e una più personale: la vita per te è
un enigma irrisolto o un processo in qualche modo consequenziale? E poi: nella
tua esperienza di vita c’è un enigma?
R. In copertina Tà, poesia dello
spiraglio e della neve mostra una tela bianca tagliata. E’ un omaggio a
Fontana. Da un lato l’immagine dice il bisogno di rompere con lo stato delle
cose e d’altro lato dice del taglio che io stessa ho inferto al mio linguaggio,
riducendolo all’osso. Ma un taglio
su una tela è anche uno spiraglio, ristabilisce il dentro e il fuori, ti ridà
il limite d’un mondo. E’ una fessura e ti ricorda che c’è un oltre, aldilà del
punto in cui sei. Dopotutto la vita stessa comincia così…Con TA’ ho
cercato di spogliare la poesia d’ogni orpello. In TA’ c’è una certa adesione
alla realtà, però come da sopra,
sì, c’è una specie di sur/realtà. C’è il mondo naturale ma si pensa a qualcosa
di sopra/naturale. Come se lì, in TA’, il
reale coi suoi pochi oggetti sparsi, sforasse nello spirituale. Cosa c’è di sopra/naturale in una
vanga, in un ramo, in un cucchiaio? Non so, del resto niente di sopra/naturale
si acquista direttamente da una dimensione spirituale, bisogna prima aver a che
fare con la vita materiale, e c’è sempre un passaggio, uno spiraglio appunto,
che ci aiuta a passare da un piano all’altro. Da questo passaggio continuo, da
questo scentramento nasce forse
l’impressione di enigma che hai notato. Un enigma è una domanda che rimane
separata dalla risposta. Come la poesia stessa.
*
INTERVISTA DI ANTONIO LORETO A PARTIRE DA L’ASPETTO ORALE DELLA POESIA
Monza Teatro Binario gennaio 2008
Pubblicata in L’IMMAGINAZIONE aprile
2009
In AIRC Archivio Istituzionale della
Ricerca Università degli Studi di Milano
D. Come spesso è bene fare,
partiamo dalla fine: nella nota che chiude L’aspetto orale della poesia tieni a
precisare che si tratta di un lavoro più vicino ad un’opera poetica che a una
raccolta di saggi. E in effetti le tue argomentazioni non si affidano a un
procedere razionale bensì ad immagini suggestive, come quella della tazza.
Soffermiamoci proprio su questa: che cosa significa, e a che cosa rimanda? R. L’aspetto orale della poesia è uscito anni fa in prima edizione per
Anterem (2000) ed è stato rieditato, in III° edizione, da Moretti&Vitali
nel 2007. Si tratta si appunti e note che ho scritto in varie occasioni di
studio e seminari tenuti a Verona nella seconda metà degli anni ’90. ‘ Se una
tazza appoggiata sul tavolo in una sera invernale’ è l’immagine che apre il
libro… A sua volta Luisa Muraro nel suo libro Il Dio delle donne colpita da
questa immagine la riprende come figura mistica. E forse è un po’ così.
*
CINQUE DOMANDE A IDA TRAVI a cura di Alessandra
Pigliaru agosto 2010
Non un libro ma un link che ci riporta
alle opere di Ida Travi attraverso la sensibilità critica di Alessandra
Pigliaru e l'introduzione di Francesco Marotta
http://www.radiopopolareverona.it/index.php?module=Pagesetter&func=viewpub&tid=10&pid=17
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SAGGI SULLA POETICA DI IDA TRAVI
*
estratto
dal saggio in tre parti di Sergio Zanone Sommovimenti
nel poema di Ida Travi in Anteremedizioni.it
*
saggio di Alessandra Pigliaru sulle opere di Ida Travi: Il
corpomente della parola
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RECENSIONI DIOTIMA E LA
SUONATRICE DI FLAUTO BALDINI CASTOLDI DALAI 2004
Recensione RAI UNO
GR PARLAMENTO – LIBRI IN CAMERA
MARINA PIVETTA
Da
Il Corriere della Sera Estratto dalla nota di Elisabetta Rasy
Magazine -6 marzo 2005
‘Nei film vengono definite comparse: figure
che compaiono e scompaiono attraversando la scena per il tempo di una battuta,
o un gesto solo. Per servire l’azione degli altri. Spesso nel cinema come in
letteratura sono figure femminili decorative ma irrilevanti. Una poetessa
italiana, Ida Travi, ha pescato o piuttosto ripescato una di queste umili
stelle filanti in uno dei testi fondamentali della nostra cultura Il Simposio
di Platone.: nel celebre dialogo ambientato durante una festa, gli amici
riuniti –tutti uomini- quando decidono di conversare sul tema dell’amore
allontanano la suonatrice di flauto che fino a quel momento aveva rallegrato la
serata. La flautista scompare nel nulla. Da questo nulla l’ha riportata in
scena Ida Travi dedicandole un testo che è una concentrata tragedia tutta al
femminile.
…………..’
-Da
l’Indice dei Libri Estratto dalla recensione di Luisa Bistondi (marzo 2005)
‘Ida Travi definisce il suo Diotima e la
suonatrice di flauto un testo anomalo. Anomalo perché cancella le distanze tra
poesia e filosofia? Tra scrittura teatrale e filosofia? Poetessa, Ida Travi
dice che la poesia orale è la base da cui nasce il teatro e germina il pensiero
(L’aspetto orale della poesia - Anterem 2000
-Selezione Premio Viareggio 2001)Ne consegue che questa sua opera non è
più così anomala, soprattutto se si pensa alla lezione di Maria Zambrano, la
quale si è rivolta agli albori della nostra cultura, a quel ‘prima in cui
poesia e filosofia erano uno, prima che poesia e filosofia diventassero due, e
fra loro molto diverse.’
*
Leggere
Donna- gennaio febbraio
2005 -Estratti dalla recensione di Annarososa Buttarelli
……………………….
Siamo avvertiti: ciò che leggeremo
nell’“atto tragico” non è il prodotto di un’esercitazione poetica, ma è una
creazione poetica che permette a voci silenziate di farsi udire secondo la loro
verità. La rivendicazione di verità è la stessa di María Zambrano quando ci
assicura che è Sofocle ad avere sbagliato la conclusione della sua tragedia per
difetto di pratica dell’ascolto. È la stessa rivendicata da Marguerite
Yourcenar quando, in stato quasi estatico, ascolta e trascrive la voce
dell’imperatore Adriano. Sono rivendicazioni di verità frequenti come gesti
della differenza femminile che cerca di farsi largo nei contesti di
occultamento o di negazione. Si tratta certamente di una necessità per la mente
e anche per il sentimento di una certa giustizia.
…………
Il ricco saggio introduttivo di Luisa
Muraro, In versi e in prosa,
intercetta e sottolinea anche un aspetto non secondario dell’opera di Ida
Travi, non facile da comprendere: è un atto tragico perché Anna, la suonatrice
di flauto, alla fine si suicida, nonstante la cure amorevoli di Diotima e della
nutrice. Perché? Luisa Muraro vede, in questa scelta drammaturgica,
l’accettazione da parte della poetessa della legge canonica degli atti tragici:
si deve finire con una o più morti. Secondo la filosofa, Ida “è attratta dal
fascino dell’Atto tragico con la sua caratteristica, di un agire che la
casualità e la morte impediscono di fare arrivare alla sua compiutezza, e
tuttavia non disperso, trovandosi tutto raccolto nello spazio peculiare del
teatro greco”. Insomma, la mancanza del
lieto fine onorerebbe il fatto che c’è il caso e c’è la morte che fanno deporre
ambizioni di compiutezza rappresentabili con l’esito positivo della vicenda
della protagonista. Lettura suggestiva che lascia aperta comunque una domanda
sulla morte di Anna, la suonatrice di flauto, tanto più che Ida Travi in
un’altro testo molto importante (L’aspetto orale della poesia, Anterem
2000 –Selezione Premio Viareggio 2001) prova a condurre la sua riflessione
fino al “superamento del tragico”, dato che le interessa mostrare – non abbiamo
dubbi al proposito – che “mettere al mondo, porre all’aperto, non significa solo mettere in pericolo”. (Annarosa Buttarelli)
*
da www.transfinito.it Diotima e la suonatrice di flauto. Atto
tragico estratto da Giancarlo Calciolari
Ida Travi in Diotima e la suonatrice di flauto. Atto
tragico (La Tartaruga, 2004, pp. 82, € 10) legge le fiabe della filosofia e
si trova a inventarne altre.
La restituzione
in qualità del testo occidentale, senza più decostruzione né archeologia, non è
facile. Occorre la scienza della parola che è sorta con il rinascimento sulla
scia delle istanze dell'ebraismo e del cristianesimo, tra Gerusalemme e Roma.
Non la scienza del discorso, che viene formalizzata a Atene, nel momento che
sorge l'impero, con Alessandro allievo di Aristotele, sino a essere diventata
oggi canone occidentale.
Come dissipare
il canone e restituire il testo, che non è mai stato scritto? Infatti, se il
più grande filosofo della fine del novecento è stato Jacques Derrida, è pur
vero che il suo lavoro è consistito in una postilla a Platone, essendogli
servito Heidegger per precisare questo aspetto.
………………………
*
Estratto
da ‘Il Segnale ’n° 71 - Recensione di Giuseppina Rando
‘Come la filosofa Maria Zambrano la poetessa Ida Travi
cerca nel mondo greco gli albori della nostra cultura, quel prima che unificava poesia e filosofia :’
‘…le accomuna’ – scrive Luisa Muraro
nell’Introduzione ‘ un tratto della scrittura che trascende ogni polemica.
Entrambe inseguono una scrittura in cui prima della parola, viene l’ascolto:
viene e si esprime nella scrittura styessa come una cavita….’ Questo discorso
richiama un’altra importante opera della Travi (L’aspetto orale della poesia Anterem 2000- Selezione Premio Viareggio
2001) dove tra l’altro si legge ‘Nella
sensualità del primo vagito, del peimo suggere un seno, nel primo abbraccio
dopo la lunga emersione dal nulla si tesse una trama tragica :chi consegna alla
vita consegna alla morte e lo fa per amore’
*
‘Diotima
e la suonatrice di flauto’ Estrato dalla recensione di Sara Zanghì da
L’Immaginazione sett. 2005
‘Un libro avvincente
formato da un’opera teatrale ‘Atto tragico’, da un racconto La Verità, e da
un’appendice Ritratto di Anna che per le
loro intrinseche corrispondenza si presentano come un testo unico.
…………niente di meglio che
citare qualche brano del saggio introduttivo di Luisa Muraro ‘Si tratta di uno stare o di un andare
dentro/fuori rispetyto a una scena illuminata, popolata da personaggi di rango
superiore, dei o filosofi, da parte di chi non appartiene a quel mondo e ci sta
a disagio, o ne sta fuori, o ne va fuori perchè segnata- spesso è una donna,
qualche volta è un uomo- da un ‘meno’ che apre un buco nell’orizzonte
dell’autosufficienza, così che altro possa avvenire, un incontro, un dio, un
testo…’
Una nuova forma
d’invenzione. Per la quale è necesario ‘fare il vupoto’. Un buco, o una specie
dio traforo. O: straforo, extraforo,
scrive ancora Luisa Muraro e conclude:
‘La combinazione delle due figure femminili da lei (Ida Travi) inventata è
‘opera di straforo’nella cultura tradizionale.’
Lo è anche L’aspetto orale della poesia, della stessa autrice (Anterem
2000 – Selezione Premio Viareggio 2001), che si richiama direttamente
alla Grecia arcaica, a un prima in cui la poesia fu un dono orale,
un’enciclopedia del mondo, un’epica…..’
*
Da Una nota
di Daniela Cabrini per il Giornale di Cremona gennaio 2005
Il libro di Ida Travi si
situa in una ben precisa intenzione che muove un percorso creativo del 900.
Si tratta di ripensare figure
del mito nel mito, riascoltarle, dare loro altra voce alla luce della storia e
di una nuova consapevolezza poetica.
Mi riferisco a Christa Wolf e
alla sua Medea, a Maria Zambrano e alla sua Antigone, a Marina Cvetaeva e alla
sua Fedra.
….al poeta non resta altro
che il canto e la tragedia come scelta autentica ed etica di resa di/a ciò che
è successo e di rinnovo di una parola poetica iniziale che torni a raccontare.
Rari sono i libri in cui la narrazione è così vicina alla parola, in cui lo
scorrere delle pagine sussurra il ritmo della storia stessa.
*
Leggendaria
– Maria Clelia Cardona sett. 2005
“…molte scrittrici moderne si sono poste
l’obiettivo di dare voce a chi non l’ha avuta…è quanto hanno fra le altre.
Corista Wolf e Maria zambiano, l’una narratrice e l’altra filosofa…..ed è
quanto fa Ida Travi. La differenza più evidente rispetto a wolf e zambiano è
che Ida Travi accende un punto di vista femminile non all’interno di un poema o
di una tragedia, ma di un’opera filosofica, cioè in un campo da sempre
considerato poco congeniale alle donne.”
*
La
Cronaca- Giornale di Cremona Giorgia
Capelli gennaio 2005
I filosofi nel
Simposio parlavano d’amore per astrazione. Ida Travi ha compiuto in concreto il
più grande gesto d’amore: il dono gratuito di una penna che ha disegnato i
tratti di due donne dimenticate nella polvere degli anni.”
*
AARDTAssociazione
Archivi Riuniti Donne – Gisella Togliani Poltrinieri
“All'Atto
tragico vero e proprio - del quale sarebbe un peccato svelare ulteriori
intrecci perché sono tanti, e scovarli è puro piacere di lettura - seguono, da
considerare come vere e proprie parti integranti del testo,
"La
Verità", narrazione di come si è risvegliata in Ida Travi l'immagine della
suonatrice di flauto cancellata dalla storia e "Ritratto di Anna",
breve ritratto della suonatrice di flauto che consente alle lettrici e ai
lettori di ricreare anche visivamente la sua figura. “
*
Giancarlo Calciolari - Transfinito
“L'opera di Ida Travi pone
una questione insormontabile alla filosofia: non tanto quella di rattopparsi
con la decostruzione, il terzo istruito, o le trivellazioni dell'essere, ma
quella di analizzare i suoi principi di morte e di reperire i principi di vita,
la sua logica e la sua industria. Ammettere la suonatrice di flauto nella
parola è porsi la questione donna.”
*
L’Immaginazione -Sara Zanghì
“ Ida Travi crea il
personaggio della suonatrice, Anna. Le dà corpo pensiero, storia.
La fa incontrare con Diotima…
Il luogo dell’incontro ha valenze simboliche: un sentiero tra gli ulivi
rischiarato dalla luna, presso una fonte. La presenza evocata di Diotima
richiama a quel prima arcaico quando
ancora non esistevano separazioni tra sentire
e pensare.”
*
Il Segnale
– percorsi di ricerca letteraria- Giuseppina Rando
“ La poesia e la prosa di Ida
Travi in questo atto tragico assumono una misura inconfondibile: la tensione
drammatica in alcuni punti si fa sommessa, quasi sussurrata e sgorga come
l’acqua dalla fonte, dall’intimo. Poesia e filosofia, teatro e musica, presente
e passato, antico e moderno. Presenze/assenze s’intrecciano al punto da formare
un tessuto magico che avvolge, come in un abbraccio, mente e corpo e avvolge il
lettore in una dimensione onirica.”
*
Literary.it estratto dalla nota di Stefanoni
nov. 2004
L’atto tragico Diotima e
la suonatrice di flauto di Ida Travi si colloca sul filone della tradizione
letteraria e filosofica greca e, richiamando per alcuni versi, il logocentrismo
di Platone, pone l’attenzione sul ruolo della donna nella storia dell’umanità.
La donna, grande presente/assente lungo il corso dei secoli, ritorna in
una scrittura capace di porre e di svolgere, anche in chiave e struttura
teatrale, quell’analisi psicologica del “sentire” femminile che ha dato prova
in scrittrici straordinarie come Virginia Woolf, Sylvia Plath, Emily Dickinson
(solo per citarne alcune). Un testo teatrale ricco di simboli: il sentiero,
l’ulivo, la fonte…simboli che l’autrice spiega nelle “note di intento e di
scena”; una scrittura creativa che fa coesistere le antiche dicotomie di
anima e corpo, materia e spirito, dentro/fuori.
*
ALTRE SEGNALAZIONISU Donna Moderna-Segni e
sensi- Siti vari
Presentazione del libro : Verona Università degli studi - Milano
Libreria delle Donne e Casa della Poesia-
Livorno Centro Donna- Roma Casa Internazionale delle Donne- Cremona Libreria
Storica Il violino - Firenze Poggio Gherardo Teatro Costa- Ovada Incontemporanea
*
Messo in scena a
- Firenze Poggio gherardo -Pari Opportunità Provincia Toscana-
contributo della Senatrice e filosofa Vittoria Franco sul tema “ La donna nella
Grecia antica”
-Vedi 5 messe in scena con Teatro Scientifico a Verona: Arcovolo
dell’Arena, Wash Point,
Piazza dei Signori Loggia Fra Giocondo- Società Letteraria – Casa
Caserta
-Milano Palazzina Liberty presentazione Giancarlo Majorino. 0ttobre 2006