Azzurra D'Agostino | sull'asino Tasàr di Ida Travi e la comunità dei Tolki, i parlanti | Poi arriva la poesia


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AZZURRA D'AGOSTINO· MERCOLEDÌ 12 DICEMBRE 2018 
sull'asino Tasàr di Ida Travi, e la comunità dei Tolki, i parlanti

Poi arriva la poesia. Diario di oggi a partire da Ida Travi.



Il bambino e l’animale
sembrano fratelli, sono uguali
aspettano così tranquilli

Li chiamo, e non girano la testa
sono d’oro, sono nel tempo d’oro
 io non li stacco dalla loro eternità

Dovrebbero farci scuola, dovrebbero
dirci cosa c’è nell’oro
perché io l’ho perduto l’anello e tu?

Questo è un pezzo di una poesia di Ida Travi, del suo ultimo libro, Tasàr, il quinto di una (direi unica in Italia) saga poetica che comprende un mondo: dei personaggi che sono un popolo, poi un luogo, i villaggi, il bianco della neve che copre le cose, il sussurro delle voci nei campi che fanno domande alate, interrogandoci sul di qua del nostro mondo, fino alla commozione. Ho conosciuto Ida attraverso i libri, nel senso che un giorno ero incappata in lei attraverso non so che ricerca che stavo facendo, e ho scritto al suo editore, il minuscolo e mastodontico Moretti&Vitali, per avere i suoi libri e li ho comprati tutti, tutti quelli che ho trovato, cosi, senza sapere niente. Ne parlavo con altri poeti e mi stupivo che pochi la conoscessero davvero, eppure sentivo in quel suo misteriosissimo linguaggio agitarsi qualcosa di importante. Così, ho condiviso questo mio innamoramento con gli amici a me più cari, e tra le altre, molte, cose l’abbiamo portata al nostro festival ‘SassiScritti - L'importanza di essere piccoli’ .

È stato questo il punto, il momento in cui a tutti si è rivelata interamente, perché la voce di Ida non sta solo nei libri, la voce di Ida è fatta della sua voce vera, del suo timbro, del suo corpo che la custodisce come fa la conchiglia col suono del mare.
Quando amiamo davvero qualcosa, qualcuno, non ci importa che gli altri lo ‘capiscano’, anche se ci rende felice quando gli altri condividono quell’amore, quello stupore. E credo sia stato cosi per molte delle persone tra il pubblico del festival. Ma non era questo, quello che volevo dire.

Non so cosa volevo dire, oggi sono stanca e giro intorno alle cose senza riuscire a concludere davvero nulla, non si depenna che a fatica la lunga lista delle cose da fare. E quando mi sento cosi, quando sento il peso delle richieste, del quotidiano, delle scadenze, delle cose che mi impongo (la più severa padrona di me stessa, parafrasando, credo, Brecht), l’unica cosa che davvero mi dà sollievo e lasciar perdere del tutto e rifugiarmi in qualcosa di totalmente altro, o totalmente presente, o totalmente, e basta.

In questo, la poesia di Ida, il suo pensiero, il ricordo delle cose che poi mi ha detto una volta che ci siamo conosciute meglio, i regali che mi ha fatto, il modo in cui guarda il mondo, l’insegnamento del suo fare, è un prezioso posto in cui fermarsi. Non importa leggere tutto, leggere di fila, leggere bene, come sarebbe forse richiesto. Basta un verso. Bastano pochi versi, basta leggere le parole dell’altra amica, Francesca Matteoni, che ha pubblicato un piccolo saggio-recensione ispirato e illuminante, come è lei, su Nazione Indiana.

Giravo per fb e tra uno scroll e l’altro vengo colta e ferita dai gridi allarmanti di chi dice che la terra ha le ore contate, che non ci preoccupiamo abbastanza del nostro povero mondo, e poi ancora leggevo di bestie ammazzate e ancora di respingimenti, ruberie di pietre sacre e altre dolenti imposture. Ci stanno fregando, a volte penso cosi, ma non so chi, chi è che lo vuole, perché lo fa. Vorrei poter consegnare il mondo non dico meglio, ma almeno non peggio di come è stato consegnato a me, nelle mani, nelle menti, nei cuori e negli occhi di chi verrà dopo di me. Perché questa anche è, forse, egoisticamente, l’unica via dell’immortalità. E invece, chissà cosa saremo in grado di fare ancora.

Poi arriva la poesia, una cosa che non conta niente, una cosa verso la quale sto tanto pensando, con tutti i suoi malanni, e indica, nonostante tutto e nonostante noi, proprio come una freccia del destino, che da qualche parte, insieme, un poco meglio potremmo, dovremmo, andare.

L’animale è sacro, non dovete
trattarlo così. Non lo vedete il lampo?
Il diluvio sta per venire
ed è per cattiveria, è solo
per la vostra cattiveria

Ha due occhi come voi
ha il naso come voi, come voi
quando portavate gli zoccoli

Ha la fronte, come voi, e dietro
la fronte si stende il cielo nero

E le nuvole, e il volo degli uccelli
e l’amore che arriva di notte
l’amore che arriva di notte
e si siede sulla branda
non appena si spegne la luce.

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