SULLA POESIA ORALE

Poesia Orale: Tradizione e Improvvisazione di John Miles Foley - Fonte: Università degli Studi di Cagliari sabato 1 settembre 2007 di exeo La comunità scientifica internazionale usa spesso due termini per descrivere il funzionamento e la fenomenologia della poesia orale: uno è tradizione, l’altro è improvvisazione. Molto spesso questi termini vengono impiegati in modo differente da diversi gruppi di studiosi, tanto che il risultato può essere in qualche modo ambiguo. Per esempio, gli studiosi di folklore del Nord America tendono a pensare alla "tradizione" come a qualcosa di fisso e immutabile, e giudicano tale concetto inadatto a rappresentare fedelmente il mondo della poesia orale, che cambia continuamente a seconda dell’umore e degli intenti dell’esecutore e, specialmente, in riferimento al suo rapporto diretto col pubblico. Ma altri folkloristi e antropologi (per esempio Milman Parry, Albert Lord e la scuola di ricerca definita "oral-formulaic", orale formulativa), così come la maggior parte degli studiosi europei, africani e asiatici, interpretano la tradizione come un fenomeno flessibile e adattabile. Loro sostengono che la tradizione cambia continuamente, e che si tratti di un cambiamento sistematico, proprio come quello del linguaggio stesso. Differenze analoghe nascono con la "improvvisazione". Ancora una volta alcuni studiosi nord americani sconsigliano l’uso di questo termine in riferimento alla poesia orale poiché pensano ad essa come ad una creazione de novo, cioè, una esecuzione che sia integralmente nuova ed autosufficiente. E, ovviamente, non è questo il caso della poesia orale. Ma per molti studiosi europei, e per altri, "improvvisazione" designa un processo che funziona all’interno di un insieme di regole compositive. Gli esecutori improvvisano, e creano una poesia orale mai esistita prima, tuttavia compongono tale poesia secondo delle regole ben precise che sono caratteristiche per ogni genere (di qualsiasi tipo siano tali regole – musicali, ritmiche, sillabiche, strumentali, gestuali, etc.). Naturalmente, ogni genere avrà il suo sistema di regole ed ogni esecutore avrà il suo stile e le sue caratteristiche estetiche, ma l’improvvisazione avviene sempre all’interno della tradizione poetica orale. ............................. POESIA EPICA ORALE NEL TIBET Come esempio finale, citerò due tipi di epica orale del Tibet, i quali entrambi combinano l’esecuzione orale ed il testo in modo curioso. Il primo di questi viene eseguito da persone chiamate "cantori della carta" ("paper-singers"), i quali tengono un foglio di carta davanti ai loro occhi mentre compongono, e spesso hanno bisogno di numerose serate per cantare interamente i loro corposi poemi. Contrariamente a quanto potremmo aspettarci, tuttavia, i poeti di questo genere non consultano il testo come faremo noi. Certamente non possono, dal momento che il foglio di carta non contiene alcuna scrittura. Se intervistati intorno a ciò che fanno, i poeti spiegano che le immagini della storia compaiono nel foglio di carta nello stesso momento in cui loro compongono, generando una sorta di film delle azioni che stanno descrivendo. Nel momento in cui usano la tradizione per improvvisare, creano una esperienza che si presenta loro anche visivamente. Un altro genere epico tibetano implica la presenza di un esecutore che "scava" per trovare il racconto, dissotterrando effettivamente il testo cartaceo come atto preliminare dell’esecuzione. Lui non legge realmente lo scritto, né dipende da esso come fonte primaria del suo racconto, ma la tradizione richiede che apra il rituale della esecuzione allontanandosi nella campagna circostante e dissotterrando il testo. Una volta che questo primo passo è compiuto, può dedicarsi ad improvvisare la sua esecuzione, usando il linguaggio specializzato o il registro appropriato per il genere epico. (di John Miles Foley - Fonte: Università degli Studi di Cagliari sabato 1 settembre 2007 di exeo)