Ida Travi TA'
nota di Marco Furia per La Mosca
“…. Una cavità che trasformava la lettura, la rendeva simile al gesto di chi beve lentamente da una tazza. Ho trovato quest’immagine in una scrittrice dei nostri giorni che nessuno chiamerebbe mistica, ma noi qui, sì. “
Ida Travi
poesia dello spiraglio e della neve
post-studenti, ex-lavoratori, esseri comuni
Moretti&Vitali, febbraio 2011
( Selezione Premio Viareggio 2011)
pp.160
euro 14,00
in copertina : Omaggio a Fontana
"Sono esseri comuni, sono post. Vivono in un luogo austero. Forse una casa. Forse una ex- fabbrica. Sono uomini e donne dai nomi mondiali Olin, Attè, Inna..." ( Ida Travi febbr. 2011)
PROSSIMA USCITA SU CARTA(2012):
ALCUNI ESTRATTI da NOTE e RECENSIONI
nota di Luca Benassi per Almanacco Puntoacapo 2-2012
Ne La strada di Cormac McCarthy, un pafre e un figlio si muovono in uno scenario apocalittico, cercando la sopravvivenza nei rimasugli di una città scomparsa. Ciò che colpisce e angoscia nel romanzo è il trovarsi di fronte a un mondo che non produce più nulla, un mondo radicalmente e ineluttabilmente postumo. Senza evocare alcuno scenario apocalittico, Tà di Ida Travi racconta però di ununiverso frammentato, fessurato nlle sue strutture portanti, e cui cose, gli oggetti, gli accadimenti, i personaggi, vengono osservati come attraverso i tagli pieni di buio di una tela di Fontana: "c'è una fessura nel legno. Se guardi bene vedi un pugno di terra, se ascolti bene senti un colpo di bastone. C'è qualcosa che cade e non rotola. C'è una goccia che non disseta. C'è un sasso proprio in mezzo alla stanza. C'è una spoliazione in atto. C'è un albero. Uno sfrondamento." scrive la Travi nella nota introduttiva Tempo d'attesa tra le quattro mura. E' un mondo postumo, abitato da personaggi postumi, sopravvissuti al lavoro, alla vita, alla letteratura, al viaggio: "post-studenti,ex-lavoratori, viandanti. Uomini e donne trasfigurati dalla poesia" Sono personaggi dai nomi universali - Olin, Attè, Inna, Antòn, Katrin, Usov - posti fuori dallo spazio e dal tempo. "Un tempo avevamo l'orologio, c'era tutto buio/ogni tanto accendevo un fiammifero per te// Vedevo la fiammella al posto tuo, pensavo/che fiammella! adesso è tutto chiaro// Poi un giorno hai alzato il braccio/ e s'è visto il tuo peso dappertutto,dappertutto.../era soltanto fumo quel tuo spirito, finchè/ si alzarono le colombe in volo// Lì cominciò il mio incanto, lì di colpo// fu la tua fortuna" Questi esseri umani si osservano, come dalle assi sconnesse di una quinta, muoversi nel teatro buio di esistenze impoverite.. Questa teatralità, che fa si che il libro proceda per scatti, per fotogrammi, per sequenze affatto lineari di immagini, è speccho di una contemporaneità essa stessa impoverita e disastrata, dove pure ciò che è archetipo e origine è visibile solo per epifanie abbaglianti e subito svanite. La stessa lingua ne risulta impoverita., ossidata, scheggiata, soggetta ad un procedimento di continua iterazione di versi e sintagmi. I personaggi sono in continuo scontro, vivono la minaccia costante della parola eccessiva, della parola di troppo, preferiscono il mutismo e l'enigma. Come la cenere che ricopre strade e rovine ne La Strada di Mac Carthy, così la neve ricopre col suo manto gelido e farinoso l'essenza di ogni cosa. Risulta allora chiaro il sottotitolo del volume: Poesia dello spiraglio e della neve, ciò che viene visto è subito ricoperto: idee oggetti, abitudini, sono soggetti a un continuo processo di impalpabile scomparsa nell'indistinto, in una neve che, se con il suo candore è segno di purezza, con la sua gelida uniformità conduce verso una massificata omogeneità. Sbucano come pennacchi i versi di questa poesia: distici, strofe di pochi versi, battiti, esclamazioni. Ciò che rimane di un mondo freddo e austero, il nostro mondo di contemporanei.
(Luca Benassi)
nota di Luca Benassi per Almanacco Puntoacapo 2-2012
Ne La strada di Cormac McCarthy, un pafre e un figlio si muovono in uno scenario apocalittico, cercando la sopravvivenza nei rimasugli di una città scomparsa. Ciò che colpisce e angoscia nel romanzo è il trovarsi di fronte a un mondo che non produce più nulla, un mondo radicalmente e ineluttabilmente postumo. Senza evocare alcuno scenario apocalittico, Tà di Ida Travi racconta però di ununiverso frammentato, fessurato nlle sue strutture portanti, e cui cose, gli oggetti, gli accadimenti, i personaggi, vengono osservati come attraverso i tagli pieni di buio di una tela di Fontana: "c'è una fessura nel legno. Se guardi bene vedi un pugno di terra, se ascolti bene senti un colpo di bastone. C'è qualcosa che cade e non rotola. C'è una goccia che non disseta. C'è un sasso proprio in mezzo alla stanza. C'è una spoliazione in atto. C'è un albero. Uno sfrondamento." scrive la Travi nella nota introduttiva Tempo d'attesa tra le quattro mura. E' un mondo postumo, abitato da personaggi postumi, sopravvissuti al lavoro, alla vita, alla letteratura, al viaggio: "post-studenti,ex-lavoratori, viandanti. Uomini e donne trasfigurati dalla poesia" Sono personaggi dai nomi universali - Olin, Attè, Inna, Antòn, Katrin, Usov - posti fuori dallo spazio e dal tempo. "Un tempo avevamo l'orologio, c'era tutto buio/ogni tanto accendevo un fiammifero per te// Vedevo la fiammella al posto tuo, pensavo/che fiammella! adesso è tutto chiaro// Poi un giorno hai alzato il braccio/ e s'è visto il tuo peso dappertutto,dappertutto.../era soltanto fumo quel tuo spirito, finchè/ si alzarono le colombe in volo// Lì cominciò il mio incanto, lì di colpo// fu la tua fortuna" Questi esseri umani si osservano, come dalle assi sconnesse di una quinta, muoversi nel teatro buio di esistenze impoverite.. Questa teatralità, che fa si che il libro proceda per scatti, per fotogrammi, per sequenze affatto lineari di immagini, è speccho di una contemporaneità essa stessa impoverita e disastrata, dove pure ciò che è archetipo e origine è visibile solo per epifanie abbaglianti e subito svanite. La stessa lingua ne risulta impoverita., ossidata, scheggiata, soggetta ad un procedimento di continua iterazione di versi e sintagmi. I personaggi sono in continuo scontro, vivono la minaccia costante della parola eccessiva, della parola di troppo, preferiscono il mutismo e l'enigma. Come la cenere che ricopre strade e rovine ne La Strada di Mac Carthy, così la neve ricopre col suo manto gelido e farinoso l'essenza di ogni cosa. Risulta allora chiaro il sottotitolo del volume: Poesia dello spiraglio e della neve, ciò che viene visto è subito ricoperto: idee oggetti, abitudini, sono soggetti a un continuo processo di impalpabile scomparsa nell'indistinto, in una neve che, se con il suo candore è segno di purezza, con la sua gelida uniformità conduce verso una massificata omogeneità. Sbucano come pennacchi i versi di questa poesia: distici, strofe di pochi versi, battiti, esclamazioni. Ciò che rimane di un mondo freddo e austero, il nostro mondo di contemporanei.
(Luca Benassi)
* in QuiLibri gennaio 2012 (Librerie Feltrinelli)
a cura di Marina Corona
dall'intervista: TA'
" ...Tu hai pubblicato un libro che ha avuto molta fortuna: L’aspetto orale della poesia. In questo libro ti rifai al rapporto madre - neonato come fondante della dimensione “ poetica”. Vorresti chiarire questo concetto?
"..Ho scritto L’aspetto orale della poesia a metà degli anni ’90. La terza edizione è uscita nel 2007. In questo saggio cerco di stabilire un rapporto tra la lingua poetica e lingua materna. Nascendo tutti gli esseri umani fanno esperienza di questa lingua nel rapporto con il corpo-voce materno..."(continua)
* in Poesia Crocetti Editore Dicembre 2011
di Roberta Bertozzi
Estratto dalla recensione in ‘Poesia’ Crocetti (dicembre 2011)
a cura di Marina Corona
dall'intervista: TA'
" ...Tu hai pubblicato un libro che ha avuto molta fortuna: L’aspetto orale della poesia. In questo libro ti rifai al rapporto madre - neonato come fondante della dimensione “ poetica”. Vorresti chiarire questo concetto?
"..Ho scritto L’aspetto orale della poesia a metà degli anni ’90. La terza edizione è uscita nel 2007. In questo saggio cerco di stabilire un rapporto tra la lingua poetica e lingua materna. Nascendo tutti gli esseri umani fanno esperienza di questa lingua nel rapporto con il corpo-voce materno..."(continua)
* in Poesia Crocetti Editore Dicembre 2011
di Roberta Bertozzi
Estratto dalla recensione in ‘Poesia’ Crocetti (dicembre 2011)
“…E se, come ha scritto Jean-Luc Nancy,
l’ontologia è una fonologia, l’impressione è che la poesia di Ida Travi sia proprio tesa
a verificare questo assunto; tesa a considerare l’espressione acustica non
tanto in quanto medium o come articolazione di un discorso, quanto come
rivelazione del nostro essere, di quel primo, e definitivo, stampo di noi che
solo la parola a viva voce sa realizzare”.
* estratto dalla presentazione per Salotto Caracci settembre 2011
e pubblicaz. in L'Immaginazione Manni Editore
di Vincenzo Vitiello
"...Difficile entrare nel cosmo poetico di Ida Travi, che, aperto a tutte le voci del mondo, tutte le accoglie trasvalutandole. Non è l’operazione comune all’uomo come all’animale, come alla pianta, l’operazione che è propria della vita, che cresce su se stessa nutrendosi dell’altro da sé; neppure è l’operazione che l’ermeneutica contemporanea ha teorizzato come ‘fusione di orizzonti’, che si attua nel dialogo tra uomini, appartengano essi alla stessa età o non, alla medesima storia e civiltà o non. È qualcosa di profondamente diverso, ché Ida non assimila l’estraneo a sé, all’opposto, tenta di farsi estranea con l’estraneo, e così lo trasvaluta, lo rende altro da quel che era, rendendo se stessa altra da sé...."
* da Il Manifesto 6 maggio 2011* estratto dalla presentazione per Salotto Caracci settembre 2011
e pubblicaz. in L'Immaginazione Manni Editore
di Vincenzo Vitiello
"...Difficile entrare nel cosmo poetico di Ida Travi, che, aperto a tutte le voci del mondo, tutte le accoglie trasvalutandole. Non è l’operazione comune all’uomo come all’animale, come alla pianta, l’operazione che è propria della vita, che cresce su se stessa nutrendosi dell’altro da sé; neppure è l’operazione che l’ermeneutica contemporanea ha teorizzato come ‘fusione di orizzonti’, che si attua nel dialogo tra uomini, appartengano essi alla stessa età o non, alla medesima storia e civiltà o non. È qualcosa di profondamente diverso, ché Ida non assimila l’estraneo a sé, all’opposto, tenta di farsi estranea con l’estraneo, e così lo trasvaluta, lo rende altro da quel che era, rendendo se stessa altra da sé...."
di Franca Rovigatti (maggio 2011)
"...Ogni cosa in effetti luccica in questi versi, ma per spostamenti minimi, per gioie e dolori senza clamori, perché tutto è piccolo e grande allo stesso tempo, caduco e immortale. E lo stesso tempo ha sempre due volti, due vie, appunto: l'alto e il basso, la luce e la tenebra, la parola e il silenzio, e ciò perché, come scrive la stessa Travi ne L'aspetto orale della poesia,(1) "la lingua materna [...] lascia andare sia il trionfo che l'orrore. (...)"
http://www.anteremedizioni.it/files/file/TESTO%20RECENSIONE%20Franca%20Rovigatti.pdf
http://www.anteremedizioni.it/files/file/TESTO%20RECENSIONE%20Franca%20Rovigatti.pdf
* di Roberto Caracci (settembre 2011)
"---Non siamo semplicemente nella scrittura e non siamo semplicemente agli albori del linguaggio -non potremmo più esserlo-, quando la relazione neo-natale e neo-materna io/tu identificava la comunicazione con la percezione e la risposta al miracolo della pura voce materna. Siamo nella poesia che si volge alla propria origine, che lascia filtrare in sé il suono primordiale del mondo, delle cose, del corpo sonoro della madre...
....E' la tensione fra il dentro e il fuori, con la relativa pro-tensione del dentro verso il fuori e del fuori verso il dentro: brecce, fessure, tagli, spiragli nel muro, nelle porte, nelle finestre da una parte, in cui la nostalgia dell'infinito e dell'indefinito si riversa come nelle sforbiciate di Fontana...."
scheda video
* di Fiorangela Oneroso* (settembre 2011) "...Si vive in un continuo stato di stupore a rischio di frantumazione. Infatti, per Ida Travi, la vita è perennemente sottoposta al dominio del “Tà”, il suono onomatopeico che scandisce il passare del tempo, l’inizio e la fine: il taglio di un ramo, la prima sillaba di una parola, la sillaba ultima . Tà, fonema ambivalente. Creativo e distruttivo. Tà, come il bello e il buono, ma anche come il triste e il crudele. Come il sereno e il tranquillo ma anche come il turbolento e l’inquietante. (...) "
* di Luigi Bosco Ricominciare da TÀ. Per una nuova mitologia contemporanea ( luglio 2011)
"...E a me pare che, con questa raccolta, Ida Travi tenti di fare proprio questo: assumersi la responsabilità di offrire al mondo la possibilità di una nuova realtà, con tutti i rischi che ciò comporta. Lo fa proponendo ciò che a me piace definire una nuova mitologia contemporanea che «narra ciò che in realtà non è, o non accade una volta per tutte, ma si fa, fuggevolmente diventa. (...) "
*di Stefano Guglielmin ( giugno 2011)
"...In nessun altra poesia come in quella di Ida Travi ogni cosa (gesto, paesaggio, oggetto) tiene il mondo nella sua quadratura di cielo, terra, divini e mortali, lo si sente agire in essa, in una tensione com-movente. I quattro, infatti, si muovono insieme verso di noi, che siamo della stessa sostanza, ci scuotono intimamente, affinché ci si ponga in ascolto vigile della "briciola smagliante" che ogni cosa è nel grembo del mondo.(...) "
*di Alessandra Pigliaru ( marzo 2011)
"... La cesura di Tà. Poesia dello spiraglio e della neve (Moretti&Vitali 2011) sta soprattutto nei luoghi inesplorati dove la poeta porta con sé simboli e cifre che la contraddistinguono cercando nuove tracce, nuove foglie che sanno sollevarsi fieramente, come un preghiera : Inna, mostrami il piede sicuro || C’è un fiore | sotto il piede sicuro || getta la croce|| la zolla è calda | l’erba cresce come una santa." (...)
*di Marina Corona (aprile 2011)
"....Che cosa in “Tà” lega la voce narrante ai suoi compagni? Certo la comune inquietudine per qualsiasi coordinata spazio-temporale che li contenga, certo il comune senso di un’attesa incombente dell’avverarsi di un nuovo evento, tale da metter fine all’angoscia, ma che non si avvera mai, certo l’insidioso disagio per uno stare impossibile in questo ‘non luogo’ (...)
*di Rosa Pierno (aprile 2011)
"...Storie scompaginate, brandelli di storie, o meglio, nuclei da cui può partire un intero racconto, una saga. L’innocenza del racconto, riposando su un suolo infido. Saranno ancora quegli stessi simboli a mostrare la doppia faccia di ogni medaglia, l’altro aspetto delle cose, quello raccapricciante: che slega e fora. Inutilmente si farà riferimento al sonno come elemento riparatore, che solleva da tale stressante realtà. Non sarà che il sonno procura gli stessi deliri presenti nel linguaggio?" (...)
*di Luce Tondi (giugno 2011)
"...Il contrasto sta tutto in una forma di espressione che definirei appunto obiettiva, aderente alla vita concreta delle persone, e nello stesso tempo profondamente rarefatta nella sua tragica astrazione, con quegli interrogativi tutti senza risposta, per cui l’unica possibilità è resistere, farsi forza. Anche se il dramma è perentorio “sei troppo vicina alla morte/ sei a rischio” alla fine “torneremo a casa? / Sì / torneremo a casa” (...)
ARCHIVIO note:
Ida Travi
L'ASPETTO ORALE DELLA POESIA
1° ediz. AnteremEdizioni 2000 Selezione Premio Viareggio 2001
2° ediz. Anterem 2001
3°Moretti&Vitali 2007
vedi anche:
IL TEATRO SVUOTATO COME UNA TASCA
"Una voce non s'illumina coi fari"
di IDA TRAVI
in Leggere Donna n°151
in poesia 2.0
vai a:
“…. Una cavità che trasformava la lettura, la rendeva simile al gesto di chi beve lentamente da una tazza. Ho trovato quest’immagine in una scrittrice dei nostri giorni che nessuno chiamerebbe mistica, ma noi qui, sì. “
(Luisa Muraro in “Il Dio delle donne” Mondadori 2003)
"...un'implicita associazione tra la figura della madre e il lavoro orale del poeta..." ( cit. in A più voci filosofia dell'espressione vocale Adriana Cavarero Feltrinelli 2003)
"E' questa rivelazione , allora- che ognuno di noi, ogni nato, ripeta e riviva in sé nel corso della vita, tutte le epoche della storia della lingua - l'aspetto inedito e affascinante del saggio di Ida Travi, unito al piacere e alla felicità dell'investigazione che traspaiono a ogni pagina, anche perché Travi, con "L'aspetto orale della poesia" innanzitutto dimostra l'avvenuta riunione ( in lei ) tra poesia e filosofia)"
("Il Verri" maggio 2002 -dalla nota critica di Giulia Niccolai )
"L'insieme è governato da coordinate desunte in gran parte dalla tradizione greca: la questione dell'arcaica cultura orale, i poemi omerici e le accuse mosse da Platone alla poesia, il graduale mutare della voce in canto e del canto in parola scritta.Ma nuovamente in Ida Travi l'orizzonte si allarga a dismisura, inglobando problematiche della cultura orientale e rilanciando -fra proiezione scientifica e onirismo alla Bachelard- una cultura orale della poesia come proposta per la contemporaneità."
(" L'indice" giugno 2001- dalla nota di Alessandro Fo su "L'aspetto orale della poesia" )
Ida Travi
Elisabetta Rasy Corriere della SERA – marzo 2005 Magazine-
“ Nei film vengono definite comparse: figure che compaiono e scompaiono attraversando la scena per il tempo di una batuta o un gesto. Solo per servire l’azione degli altri. Una poetessa italiana ha ripescato una di queste umili stelle filanti in uno dei testi fondatori della nostra cultura….”
Sara Zanghì - L’Immaginazione -2005 “ La presenza evocata di Diotima richiama a quel prima arcaico quando ancora non esistevano separazioni tra sentire e pensare. Per dire di questa condizione, niente di meglio che citare qualche brano del saggio introduttivo di Luisa Muraro: “Si tratta di uno stare o di un andare dentro/fuori rispetto a una scena illuminata, popolata da personaggi di rango superiore, déi o filosofi, da parte di chi non appartiene a quel mondo e ci sta a disagio, o ne sta fuori, o ne va fuori perché segnata – spesso è una donna, qualche volta un uomo – da un <<meno>> che apre un buco nell’orizzonte dell’autosufficienza, così che altro possa avvenire: un incontro, un dio, un testo…” Una nuova forma d’invenzione. Per la quale è necessario “fare il vuoto”. Un buco, o “una specie di traforo. O: straforo, extraforo” scrive ancora Luisa Muraro, e conclude: “La combinazione delle due figure femminili da lei [Ida Travi] inventata è <<opera di straforo>> nella cultura tradizionale”.
L’Arena – ottobre 2004 Arnaldo Ederle “Una serie di rimandi che ha dato l’avvio ad una piece del tutto originale per la scrittura e l’impianto sentimentale. Il dramma lirico, qui sfociato nella tragedia era nelle corde dell’autrice già da tempo e finalmente è venuto alla luce nel modo più naturale”
Annarosa Buttarelli – ottobre 2004 Leggere Donna “Ida Travi è una notevole poetessa e pensatrice del fare poetico e della lingua che ha regalato alla circolazione editoriale un piccolo ma prezioso libro che mette in scena un dialogo tragico tra Diotima (proprio lei, quella del Simposio) e una suonatrice di flauto chiamata Anna…Nel Simposio la suonatrice di flauto viene subito licenziata. Che ne è di lei? Questa domanda, che è una ferita anche nel discorso platónico se la debe essere posta anche Maria zambrano quando si è trovata di fronte all’Antigone di sofocle, lasciata sulla soglia della caverna dove dovrà consumarsi la sua morte”
Luisa Bistondi L’indice dei Libri - gennaio 2005 “Si racconta, dunque, di un’esclusione dalla storia, e del tirar fuori dal regno delle ombre queste due figure, restituendo nome, corpo e parola alla suonatrice di flauto, e non solo. “ Si tratta di un vero e prorio rientro in scena dove, senza alcun portavoce, ciascuna parla per sé.”
Leggendaria – maggio 2005 Maria Clelia Cardona “…molte scrittrici moderne si sono poste l’obiettivo di dare voce a chi non l’ha avuta…è quanto hanno fra le altre. Corista Wolf e Maria Zambrano, l’una narratrice e l’altra filosofa…..ed è quanto fa Ida Travi. La differenza più evidente rispetto a wolf e zambiano è che Ida Travi accende un punto di vista femminile non all’interno di un poema o di una tragedia, ma di un’opera filosofica, cioè in un campo da sempre considerato poco congeniale alle donne.”
AARDTAssociazione Archivi Riuniti Donne – Gisella Togliani Poltrinieri 2005 “All'Atto tragico vero e proprio - del quale sarebbe un peccato svelare ulteriori intrecci perché sono tanti, e scovarli è puro piacere di lettura - seguono, da considerare come vere e proprie parti integranti del testo,"La Verità", narrazione di come si è risvegliata in Ida Travi l'immagine della suonatrice di flauto cancellata dalla storia e "Ritratto di Anna", breve ritratto della suonatrice di flauto che consente alle lettrici e ai lettori di ricreare anche visivamente la sua figura. “
Giancarlo Calciolari - Transfinito “L'opera di Ida Travi pone una questione insormontabile alla filosofia: non tanto quella di rattopparsi con la decostruzione, il terzo istruito, o le trivellazioni dell'essere, ma quella di analizzare i suoi principi di morte e di reperire i principi di vita, la sua logica e la sua industria. Ammettere la suonatrice di flauto nella parola è porsi la questione donna.”
Il Segnale – percorsi di ricerca letteraria- Giuseppina Rando 2005 “ La poesia e la prosa di Ida Travi in questo atto tragico assumono una misura inconfondibile: la tensione drammatica in alcuni punti si fa sommessa, quasi sussurrata e sgorga come l’acqua dalla fonte, dall’intimo. Poesia e filosofia, teatro e musica, presente e passato, antico e moderno. Presenze/assenze s’intrecciano al punto da formare un tessuto magico che avvolge, come in un abbraccio, mente e corpo e avvolge il lettore in una dimensione onirica.”
(Inseriremo presto il materiale d'archivio relativo alle varie messe in scena di Diotima e la suonatrice di flauto con il Teatro Scientifico di Verona e regia si Ida Travi, Teatro Camploy, Arcovolo dell'Arena, Casa della Poesia Milano, lo stiamo raccogliendo...)
(Inseriremo presto il materiale d'archivio relativo alle varie messe in scena di Diotima e la suonatrice di flauto con il Teatro Scientifico di Verona e regia si Ida Travi, Teatro Camploy, Arcovolo dell'Arena, Casa della Poesia Milano, lo stiamo raccogliendo...)
Estratto dalla presentazione di Ivana Cenci Per Artemis, Vicenza ottobre 2009
Con i suoi testi scritti per la musica, Ida ci guida e accompagna verso un sapere che è intuizione, ascolto di sé e incontro con parti di noi come da soli non potremmo fare: una esplorazione nello scorrere della vita, un dare rilievo agli accadimenti che ci riguardano, con una lucidità che ci mette a nudo con noi stessi, e per questo può talvolta sembrare perfino spietata, tanta è la profondità del suo sguardo.
Estratto dalla presentazione di Roberta Bertozzi Vicenza ottobre 2009
”. Il sipario è chiuso, la stessa Alcesti non è più che un’ombra: a ripercuotersi nei versi è una dimensione anteriore o posteriore all’azione drammaturgica, il suo lascito circonfuso – impasto di voce parola presenza diretto a sollecitare quella matrice interpretativa, quel nucleo percettivo ed emotivo che, sedimentatosi in noi fin dall’infanzia, consente il nostro accesso alla realtà. Detto altrimenti, ci troviamo di fronte a una creazione allografica, generata da un intreccio di reminiscenze visive e di gestualità vocale, sostenuta da una cadenza intraducibile in termini musicali e di cui tuttavia intuiamo la risonanza, un remoto deposito nel nostro essere.
Estratto dalla recensione di Marco Furia 2009
Estratto dalla recensione di Giuseppina Rando per Leggere Donna luglio-agosto 2009
Con i suoi testi scritti per la musica, Ida ci guida e accompagna verso un sapere che è intuizione, ascolto di sé e incontro con parti di noi come da soli non potremmo fare: una esplorazione nello scorrere della vita, un dare rilievo agli accadimenti che ci riguardano, con una lucidità che ci mette a nudo con noi stessi, e per questo può talvolta sembrare perfino spietata, tanta è la profondità del suo sguardo.
Estratto dalla presentazione di Roberta Bertozzi Vicenza ottobre 2009
”. Il sipario è chiuso, la stessa Alcesti non è più che un’ombra: a ripercuotersi nei versi è una dimensione anteriore o posteriore all’azione drammaturgica, il suo lascito circonfuso – impasto di voce parola presenza diretto a sollecitare quella matrice interpretativa, quel nucleo percettivo ed emotivo che, sedimentatosi in noi fin dall’infanzia, consente il nostro accesso alla realtà. Detto altrimenti, ci troviamo di fronte a una creazione allografica, generata da un intreccio di reminiscenze visive e di gestualità vocale, sostenuta da una cadenza intraducibile in termini musicali e di cui tuttavia intuiamo la risonanza, un remoto deposito nel nostro essere.
Estratto dalla recensione di Marco Furia 2009
... ben conscia di come grande, piccolo, importante, trascurabile
acquistino diverso significato nel contesto più
ampio dell'integrità umana alla quale la sua poesia si rivolge, Ida Travi
offre un testo da meditare e da leggere d'un fiato, da apprezzare nei raffinati
particolari e nella dimensione d'immenso affresco, una scrittura nello stesso
tempo immediato gesto e interminabile poema.
Estratto dalla recensione di Stefano Guglielmin per www.golfedombre.com
Figura e sfondo sfumano o emergono come da una lontananza che è memoria e
destino. Eppure il tragico, così nell'Alcesti euripidea che in quella, nuova, di Ida Travi, scioglie il
proprio vincolo dolente nella musica della commedia, più leggera e ricca di futuro.
Favola e realtà, sogno e
disillusione sono i fili invisibili che
legano tra loro i versi di Neo/Alcesti,
ove la poesia diventa “miracolo” (Ogni
uomo), prodigio del mondo: le cose ci parlano e noi torniamo a stupirci.
Ida Travi
La corsa dei fuochi
poesie per la musica Moretti&Vitali 2007
libro +CD
Ida Travi Più Libri Roma 2006
Estratto da CORRIERE DELLA SERA poesia
poesie per la musica Moretti&Vitali 2007
libro +CD
Ida Travi Più Libri Roma 2006
Estratto da CORRIERE DELLA SERA poesia
NOTIZIA: Ida Travi mette in scena al Teatro Camploy di Verona il suo poema "La corsa dei fuochi", debutto il 26 febbraio Scritto da: Ottavio Rossani
Martedì 26 febbraio alle ore 21, al Teatro Camploy (via Canterane 32) di Verona, debutta La corsa dei
fuochi, opera poetico/musicale scritta e diretta da Ida Travi.
Atto scenico di 75 minuti tratto dall’omonima raccolta poetica di Ida Travi, pubblicata da Moretti&Vitali (2007). In precedenza, diversi estratti dell’opera erano stati presentati o recitati nelle trasmissioni Radio Tre Suite, Fahrenheit e Zapping. La messa in scena di Verona è un atto unico In scena l’attrice interpreta una sentinella del nostro tempo. L’azione rimanda alla scena d’apertura dell’Orestea di Eschilo: in quella scena la sentinella accucciata come un cane sul tetto della casa degli Atridi attende il segnale di fuoco che porta l’annuncio della caduta di Troia. All’orizzonte si accendono i fuochi, sotto di lei si stende la città. Da un lato l’oikos, il focolare, il domestico senza storia, e dall’altro la polis, che questi focolari ingloba o nega. Coreografia, musiche originali e canti sono composti e sviluppati sul testo poetico. Di solito Ida Travi recita personalmente i suoi testi che hanno un andamento di poesia orale e oracolare. Questa volta fa la regista e ha affidato il ruolo di interprete all’attrice Daria Anfelli. Lo spettacolo si avvale della
coreografia di Giuliana Urciuoli e della musica di Andrea Mannucci, per cui alcune poesie diventano veri e propri canti, di grande capacità espressiva ed evocativa..
Da L’ARENA 2 marzo 2008/Spettacoli Recensione di Simone Azzoni Estratto Teatro Camploy 26 e 27 febbraio 2008
LA CORSA DEI FUOCHI – opera senza cornice
Operazione difficile il teatro poesia: è la spazializzazione della parola lirica, la carnalità e la temporalità del presente dei versi. Più facile se è il “femminile” a costruire le sponde entro le quali la narrazione si fonde alla poesia; il femminile che rimbalza dalla platea al palco del Camploy per sostenere LA CORSA DEI FUOCHI scritto e diretto da Ida Travi. La sua poesia dell’ascolto, dell’oralità, dell’evocazione si fa apertura ad altri linguaggi nelle coreografie di Giuliana Urciuoli e nella voce di Daria Anfelli. E’ respiro ampio la loro unità costruita su una sottile, impalpabile struttura...
Usa l’immobilità, le dilatazioni, la spezzettatura del gesto e la sua ricomposizione, usa il sussurro ampio che cerca rigore, centro, unità e senso nelle terre di nessuno, nelle terre abbandonate dalla logica consequenziale e causale. Usa l’assenza e la fuga, l’imprecisione e la diagonale, la circolarità. E’ un lavoro serio e da proteggere perché segna finalmente una possibilità nuova a tanto teatro di poesia fatto tristemente al leggio.
(Simone Azzoni
Estratto dalla nota di Tomaso Kemeny per Poesia 2007
Libro misterioso in quanto pare essere il doppio di un testo non scritto, muto in quanto registrato nello “azzurro” onirico,ma velato al risveglio da quel silenzio che impone la scrittura, o se vogliamo, ispira alla traduzione della scrittura onirica nella lettera della lingua madre. Inoltre, la scrittura della Travi ingloba anche un doppio antico-arcaico e analogico. Per analogia richiama la nascita della musica polifonica occidentale,evento collocabile nel XII secolo e ascritto ai meriti della scuola di Notre-Dame, dove a una melodia gregoriana preesistente si aggiunse il “motetus” e, a volte,il “triplum”, un vero e proprio commento alla melodia originaria,commento sviluppato con autonomia e generante polifonia. La scrittura della Travi apre vertigini e inaugura spazialità abissali proprio in quanto sorge come eco-commento del silenzio onirico,abitato da immagini elementari arcaiche.
Estratto dalla nota di Stefano Guglielmin su L’INDICE DEI LIBRI maggio 2007
Rimane «la padrona della casa», quella Clitemnestra madre vendicatrice, la cui autorità «supera ogni legge scritta»; rimane la notte senza dei cantata da Hölderlin e Novalis; e rimane la voce-penelope della poetessa, immobile a vedetta sulla terra di nessuno, in quello spazio non più città e non ancora selva, che aduna le anime e le ombre dei paraggi, invitandole all’amorevole corrispondenza: «Come canta, come canta la voce nella sera, la donna in mezzo / al campo, e chiama, chiama».
Nota critica di Marco Furia per GRADIVA – Italian Literary - New York/ del sett. 2007
In “La corsa dei fuochi”, di Ida Travi, un lessico dal ritmo battente, conciso, accosta, con sapienza, piccoli spazi, fisici o del pensiero, tratti quasi colloquiali, ad immagini dalla notevole valenza tragica, colta, spesso, nei suoi aspetti fisiologici: “Sono spezzate le ginocchia sulle quali riposammo”.
Esiste una cifra interiore, peculiare, che, a partire dalla semplice constatazione della esistenza delle cose, comunica, poco propensa ad accenti lirici, un senso altro dell’ esserci.
Estratto dalla nota di Alberto Cappi per ‘La voce di Mantova’ Su lettura a Palazzo Te il 26 agosto 2007, ore 21
Inseguendo l’Orestea di Eschilo con poesie per la musica, Ida Travi canta ‘La corsa dei fuochi’ per Moretti&Vitali Editore, cd incorporato...Siamo accanto a una poesia che ascolta il proprio farsi, che abita la propria coscienza. Si ascolta nel flusso del tempo, si ascolta nel teatro del sogno, si ascolta nel film della visione. E’ il manifestarsi del trasformante del testo. La visibilità del segreto del poeta. La sua aria tra le arti: “Noi facciamo una piccola famiglia, solo respirando, solo versando un po’ d’acqua dalla mano.”
Estratto dalla nota di Tiziano Salari in L' Immaginazione 2007
Ida Travi, La corsa dei fuochi, Moretti & Vitali 2007
Il titolo dell’ultimo libro di Ida Travi, La corsa dei fuochi, rimanda all’apertura dell’Orestea di Eschilo, quando la sentinella che, stando sulla casa degli Atridi sdraiata sulle braccia alla maniera di un cane, in attesa del segnale di una fiaccola che porti la notizia della conquista di Troia, finalmente avvista nella notte il segnale di fuoco che annuncia l’evento, allo stesso tempo lieto (la città di Troia è stata presa!) per il ritorno di Agamennone, e inquietante, per il massacro che nella reggia si sta preparando all’arrivo del re. Con questo inizio l’autrice sembra voler ridestare in noi il senso del tragico, così come a lei si presentò, quando, ancora bambina, accucciata come la guardia di Eschilo in un angolo della propria casa, lesse l’Orestea, e si chiese (riprendendo le parole della sentinella accovacciata) a chi comunicare le sue senzazioni e a chi no. “…a chi sa io parlo volentieri, a chi non sa io taccio”
Estratto dalla nota di Loredana Magazzeni maggio 2007 LEGGENDARIA
Il titolo dell’ultimo libro di Ida Travi, La corsa dei fuochi, rimanda all’apertura dell’Orestea di Eschilo, quando la sentinella che, stando sulla casa degli Atridi sdraiata sulle braccia alla maniera di un cane, in attesa del segnale di una fiaccola che porti la notizia della conquista di Troia, finalmente avvista nella notte il segnale di fuoco che annuncia l’evento, allo stesso tempo lieto (la città di Troia è stata presa!) per il ritorno di Agamennone, e inquietante, per il massacro che nella reggia si sta preparando all’arrivo del re. Con questo inizio l’autrice sembra voler ridestare in noi il senso del tragico, così come a lei si presentò, quando, ancora bambina, accucciata come la guardia di Eschilo in un angolo della propria casa, lesse l’Orestea, e si chiese (riprendendo le parole della sentinella accovacciata) a chi comunicare le sue senzazioni e a chi no. “…a chi sa io parlo volentieri, a chi non sa io taccio”
Estratto dalla nota di Loredana Magazzeni maggio 2007 LEGGENDARIA
Semi di senso scaturiscono infatti dalla rete del vivente, siano essi albero o tazza, culla o uccelli in volo, fuoco sui tetti e sguardi abbacinati da quei fuochi. Divengono, ed è questa la forza generativa della poesia, lingua che nutre e allatta, alleva corpi e li rende sacri, lingua che fende la mera dimensione della pagina e tende a conquistare la dimensione dello spazio attraverso il corpo della voce. Sentire recitare a memoria Ida Travi è un’esperienza straordinaria. L’esperienza della voce, da lei lungamente indagata, si fa gesto, passaggio emozionale dove il flusso dei canti a struttura semplice, monodica, suggerisce uno spazio aperto, femminile, collegato con l’evento della nascita e con la relazione materna.
Estratto da www.carteallineate.it Alberto Bertoni 2007
La CORSA DEI FUOCHI si apre con un'epigrafe tratta da Artaud: "Si tratta di dare alle parole, più o meno, l'importanza che hanno nei sogni".
Sono, a riscontro di chi compila queste note, poesie sospese su immagini ancestrali di aridità e vitalità, in passaggi di tempo, spirito, stagioni, figure emerse dal buio e nella luce.
La CORSA DEI FUOCHI si apre con un'epigrafe tratta da Artaud: "Si tratta di dare alle parole, più o meno, l'importanza che hanno nei sogni".
Sono, a riscontro di chi compila queste note, poesie sospese su immagini ancestrali di aridità e vitalità, in passaggi di tempo, spirito, stagioni, figure emerse dal buio e nella luce.
Estratto dalla nota di Marco Ongaro www.Tellusfolio.it
Ho incontrato un Aedo. Uno di quelli che nell’antica Grecia cantavano con la lira poemi epici, storie di miti, metamorfosi, radici ed eroi...Gli uomini che sono sempre sul punto di capire e poi non se ne fa niente. Sono figure tragiche che non sanno cambiare il proprio destino. I consigli arrivano dal veggente e dall’aedo, i consigli vengono disattesi, poiché ciò è parte del disegno.“Sono stata a Delfi, non c’era niente”. I canti di Travi sono nostri. La casa, il bambino, la madre, il padre, la brocca e gli avvertimenti siamo noi. Sono archetipi di noi, ricordi rimasti immutati, simboli, come tutto ciò che è materiale è simbolo.
Le note e introduzioni ai libri di Ida Travi precedenti al 2000 (note di Milo De Angelis, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri) sono reperibili su carta.
Le note e introduzioni ai libri di Ida Travi precedenti al 2000 (note di Milo De Angelis, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri) sono reperibili su carta.