La corsa dei fuochi - Stampa



CORRIERE DELLA SERA blog poesia
NOTIZIA: Ida Travi mette in scena al Teatro Camploy di Verona il suo poema "La corsa dei fuochi", debutto il 26 febbraio
Scritto da: Ottavio Rossani alle 19:37
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Martedì 26 febbraio alle ore 21, al Teatro Camploy (via Canterane 32) di Verona, debutta La corsa dei
fuochi, opera poetico/musicale scritta e diretta da Ida Travi.
 La corsa dei fuochi è un atto scenico di 75 minuti tratto dall’omonima raccolta poetica di Ida Travi, pubblicata da Moretti&Vitali (2007). In precedenza, diversi estratti dell’opera erano stati presentati o recitati nelle trasmissioni Radio Tre Suite, Fahrenheit e Zapping.
La messa in scena di Verona è un atto unico In scena l’attrice interpreta una sentinella del nostro tempo. L’azione rimanda alla scena d’apertura dell’Orestea di Eschilo: in quella scena la sentinella accucciata come un cane sul tetto della casa degli Atridi attende il segnale di fuoco che porta l’annuncio della caduta di Troia. All’orizzonte si accendono i fuochi, sotto di lei si stende la città. Da un lato l’oikos, il focolare, il domestico senza storia, e dall’altro la polis, che questi focolari ingloba o nega. Coreografia, musiche originali e canti sono composti e sviluppati sul testo poetico.

Lo spettacolo è sostenuto dal Comune di Verona (Commissione Cultura 1°Circoscrizione)  in co-produzione con POETICA&UQBAR, fusione di due Associazioni (Poetica  e UqbarTeatro ). L’esperimento propone ancora una volta un esempio di “teatro di poesia” che in Italia non ha quasi mai avuto molto consenso. A meno che non l’abbiano realizzato mattatori come Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Giorgio Albertazzi, insomma star di grande popolarità e richiamo. La particolarità della proposta del Teatro Camploy è che presenta  il testo di un’autrice contemporanea, impresa ancora più temeraria. .

Di solito Ida Travi recita personalmente i suoi testi che hanno un andamento di poesia orale e oracolare. Questa volta fa la regista e ha affidato il ruolo di interprete all’attrice Daria Anelli. Lo spettacolo si avvale della 
coreografia  di  Giuliana Urciuoli e della musica di Andrea Mannucci, per cui alcune poesie diventano veri e propri canti, di grande capacità espressiva ed evocativa..
STAMPA da L’ARENA 2 marzo 2008/Spettacoli

Recensione di Simone Azzoni
Teatro Camploy 26 e 27 febbraio 2008
LA CORSA DEI FUOCHI – opera senza cornice poesia e regia di Ida Travi
(da La corsa dei fuochi Moretti&Vitali 200)7


voce e azione scenica   Daria Anfelli - coreografia e danza   Giuliana Urciuoli
musica originale  Andrea Mannucci  - voce cantante  Patrizia Simone
disegno luci  Vittoria Coccia

Una ‘Corsa’ ricca di poesia

Operazione difficile il teatro poesia: è la spazializzazione della parola lirica, la carnalità e la temporalità del presente dei versi. Più facile se è il “femminile” a costruire le sponde entro le quali la narrazione si fonde alla poesia; il femminile che rimbalza dalla platea al palco del Camploy per sostenere LA CORSA DEI FUOCHI scritto e diretto da Ida Travi. La sua poesia dell’ascolto, dell’oralità, dell’evocazione si fa apertura ad altri linguaggi nelle coreografie di Giuliana Urciuoli e nella voce di Daria Anfelli. E’ respiro  ampio la loro unità costruita su una sottile, impalpabile struttura che dice della fragilità dell’anima e delle sue vibrazioni.
La parola della Travi che soffia il rapporto tra uomo e  natura, le lacerazioni della solitudine, i microcosmi del gesto quotidiano si raffina ulteriormente nei paesaggi disegnati dal corpo e dalla parola.
Le calibratissime Anfelli e Urciuoli diventano il doppio, il testo non scritto, la sottolineatura visibile del silenzio pieno che irrompe negli spazi lasciati dal testo. E’ comunicazione degli spazi bianchi, comunicazione del doppio e delle rifrazioni tra il buio e il colore delle luci disegnate da Vittoria Coccia.
Proposta elegante sostenuta dalla musica ‘einaudiana’ di Andrea Mannucci, La corsa dei fuochi occupa lo spazio intermedio
lasciato libero dal sogno e dal tempo.
Usa l’immobilità, le dilatazioni, la spezzettatura del gesto e la sua ricomposizione, usa il sussurro ampio che cerca rigore, centro, unità e senso nelle terre di nessuno, nelle terre abbandonate dalla logica consequenziale e causale. Usa l’assenza e la fuga, l’imprecisione e la diagonale, la circolarità.
E’ un lavoro che si prende sul serio, da proteggere nelle pieghe del femminile e che segna finalmente una possibilità nuova a tanto teatro di poesia fatto tristemente al leggio.
(Simone Azzoni)