In Il Manifesto 07.04.2017
Giampiero Neri, il dono della
grandezza è nel minuscolo
di Ida Travi
POESIA IN PROSA? A leggere Via
provinciale (Garzanti pp. 81, euro 16) una cosa è certa: i versi di
Giampiero Neri procedono senza a capo, in forma personalissima. Giampiero Neri è nome d’arte.
ITALIA ANNI '50 , e in famiglia i letterari sono due: i fratelli Giampiero e Giuseppe Pontiggia. Li unisce l’ammirazione per i grandi narratori dell’Ottocento e del Novecento. Nella biblioteca del padre Giampiero è attratto dai Ricordi entomologici del naturalista Jean-Henri Fabre e lo sguardo incantato da entomologo resterà in lui per sempre.
ITALIA ANNI '50 , e in famiglia i letterari sono due: i fratelli Giampiero e Giuseppe Pontiggia. Li unisce l’ammirazione per i grandi narratori dell’Ottocento e del Novecento. Nella biblioteca del padre Giampiero è attratto dai Ricordi entomologici del naturalista Jean-Henri Fabre e lo sguardo incantato da entomologo resterà in lui per sempre.
Poesia sarà una foglia, il
movimento di un insetto, la figura di un uomo che cammina. E non secondarie,
nella formazione, saranno le ore del dopolavoro trascorse sugli scritti di Lao
Tzu: una misura ferma, antidoto al mutamento e al dolore.
A METÀ ANNI SETTANTA Neri affida
la prima silloge a Guanda (L’aspetto occidentale del vestito) e dopo i
fondamentali titoli per Mondadori, ora consegna a Garzanti Via provinciale,
libro in cui torna ai luoghi della sua adolescenza: la vecchia scuola, l’Hotel Cavalieri, il professor Fumagalli, l’amico Nene,
l’insegnante di musica. Tra le righe si incontrano Cechov, Fenoglio e Stendhal.
E Henri-Jean Fabre, naturalmente, e qualche insetto, qualche cavalletta della
specie comune. I versi vanno a fine riga: in fondo si tratta sempre e solo di
cercare l’inizio, l’istante. Riflettere sì, ma non troppo: il tempo fugge ed è
sempre una sconfitta: «Chi riflette appartiene agli sconfitti: Sulla sconfitta
si riflette e nella vittoria si festeggia». E intorno allo sconfitto la memoria
crea un avamposto in cui si vive da meravigliati.
La poesia di Neri è qualcosa di immenso che accade in qualcosa
di piccolo, sotto lo sguardo di un osservatore. Tutto è fermo nel ricordo, ma
ecco, lo zampettare di un insetto, e la campagna, il paese, la città,
l’ufficio: l’essere umano è salvo. Fino al Bar Bosisio, fino alla scuola Sulla
via provinciale. Tu guarda, dice il poeta, e nel descrivere, non fare il furbo:
il gesto dell’abbellimento trasforma ciò che è in atto in una rovina.
LA POETICA DI NERI è chiara: la
poesia non si fa con la poesia. La poesia è l’ingresso in aula del professor
Fumagalli, o una donna sdraiata in un giardino pubblico, cioè la badante
ucraina del vicino, scesa a prendere il sole. La poesia si fa con il giorno che
si apre e poi si chiude, si fa con la violenza della storia, che si apre e poi
si chiude, come una guerra, come una notizia. Anzi, è una notizia. Come quando
si scendeva all’edicola: «era il 25 luglio del ’43. Anche noi prendemmo il
giornale».
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